Relax, take it easy! Le app per rilassarsi e AmaZen
Il relax e il benessere mentale stanno diventando un business sempre più fruttuoso, anche a causa dei mesi trascorsi in lockdown. Ma siamo sicuri che le proposte attuali siano davvero d aiuto per il nostro benessere psicofisico?
Relax, take it easy! Le app per rilassarsi e AmaZen
Il relax e il benessere mentale stanno diventando un business sempre più fruttuoso, anche a causa dei mesi trascorsi in lockdown. Ma siamo sicuri che le proposte attuali siano davvero d aiuto per il nostro benessere psicofisico?
Relax, take it easy! Le app per rilassarsi e AmaZen
Il relax e il benessere mentale stanno diventando un business sempre più fruttuoso, anche a causa dei mesi trascorsi in lockdown. Ma siamo sicuri che le proposte attuali siano davvero d aiuto per il nostro benessere psicofisico?
Il relax e il benessere mentale stanno diventando un business sempre più fruttuoso, anche a causa dei mesi trascorsi in lockdown. Ma siamo sicuri che le proposte attuali siano davvero d aiuto per il nostro benessere psicofisico?
“Rilassati!” sentiamo dirci spesso se agitati o in un momento particolarmente concitato. Purtroppo non è così semplice come potrebbe sembrare, soprattutto in un mondo sempre più interconnesso.
D’altra parte, l’esigenza è crescente e il relax e il benessere mentale stanno diventando un business sempre più fruttuoso.
Il fenomeno ha visto un ulteriore incremento negli ultimi mesi, complice la pandemia e il susseguirsi di vari lockdown.
Non tutti vedono di buon occhio questa tendenza che, come ha scritto Il Post, si fonda su un paradosso; quel benessere tanto ricercato viene dagli stessi oggetti che, come ormai è riconosciuto, sono tra le principali cause di stress, gli smartphone.
Secondo un recente studio realizzato dai ricercatori dell’Università di Seul e ripreso da Repubblica, la dipendenza da smartphone non influirebbe solo sul sonno e sull’attenzione ma modificherebbe anche la chimica del cervello, soprattutto negli adolescenti che usano i device in modo continuo e massiccio, andando a toccare proprio il sistema nervoso, come in uno stato di continua alterazione e stress.
I più colpiti sono i giovani; in Italia un ragazzo su 4 è sempre online e il 21% di loro si sveglia di notte per controllare notifiche ed eventuali nuovi messaggi.
Ed è proprio in questo contesto, che si inseriscono una serie di proposte per quello che è stato definito “fitness mentale”.
Tra queste, una delle più famose è Claim, un’applicazione pensata per la meditazione e il riposo. Claim prevede contenuti ideati per ridurre tensione e ansia, come racconti, immagini, suoni rilassanti. L’app è stata scaricata oltre 100 milioni di volte dalla sua distribuzione nel 2012 e ha visto un notevole aumento nell’ultimo anno, addirittura di un terzo a primavera 2020.
Nonostante questo Claim, insieme ad altre app con gli stessi obiettivi, è stato definito da un articolo di The Atlantic, “l’app che monetizza non facendo nulla”. La domanda alla base dell’articolo è chiara: come possono i nostri device, “piccoli killer” della meditazione e benessere mentale, aiutarci proprio in questo aspetto?
Un altro esempio di proposta di fitness mentale è quella di AmaZen, la “stanza” pensata per il relax dal colosso Amazon. L’idea si inserisce nel programma WorkingWell dell’azienda americana, con l’obiettivo di fornire uno spazio dedicato al riposo mentale proprio sul luogo di lavoro.
La cabina per il benessere mentale è stata lanciata lo scorso 17 maggio con un video su Twitter che ha smosso numerose critiche ed è stato cancellato poco dopo dal social.
Tra gli aspetti che più hanno suscitato clamore ci sono le dimensioni della cabina e la sua collocazione proprio nel mezzo dei magazzini Amazon.
Il problema principale, però, sembra lo stesso di Claim: ha senso allontanarsi dallo stress proprio attraverso ciò che più ci causa questo stato mentale? Ed è possibile trovare un luogo sicuro proprio nella maggiore fonte di tensione?
Difficile trovare una risposta; c’è chi vive Claim e Amazen come proposte e
strumenti, sostenendo che stia al singolo farne un utilizzo corretto.
In fondo, il buddismo in questo è chiaro: la meditazione si può praticare ovunque. Ma forse anche i monaci più saggi saranno d’accordo sul fatto che praticarla sperduti in una montagna potrebbe essere più piacevole rispetto a farlo in una cabina chiusa, tra i rumori del muletto e le voci dei colleghi.
di Sara Tonini
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