Scuola pubblica, il crocifisso alla parete e il paradosso di Manitù
La questione del crocifisso appeso alle pareti delle aule scolastiche italiane.
Scuola pubblica, il crocifisso alla parete e il paradosso di Manitù
La questione del crocifisso appeso alle pareti delle aule scolastiche italiane.
Scuola pubblica, il crocifisso alla parete e il paradosso di Manitù
La questione del crocifisso appeso alle pareti delle aule scolastiche italiane.
La questione del crocifisso appeso alle pareti delle aule scolastiche italiane.
Il quotidiano dei vescovi italiani “Avvenire” ieri titolava in prima pagina: “La croce che unisce”. E nel sommario spiegava: «La Cassazione respinge il ricorso di un insegnante: il crocifisso non discrimina, è simbolo di esperienza di una comunità e tradizione culturale di un popolo».
Messo così, il pronunciamento della Cassazione sul crocifisso appeso alle pareti delle aule scolastiche italiane sembrerebbe il riconoscimento laico a un simbolo che accompagna la nostra gente – credente e non – da secoli. Sembrerebbe. Perché la Cassazione ha anche aggiunto: basta che a volerlo sia «la comunità scolastica», la quale può anche decidere di accompagnarlo «con i simboli di altre confessioni presenti in classe e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi». E qui la faccenda cambia.
Prendiamo una classe che abbia tra i suoi alunni dei buddisti, dei fedeli a Manitù e degli induisti: che facciamo? Appendiamo alle pareti dell’aula scolastica tutti i simboli, da Gesù Cristo a Manitù? Per un non credente non cambierebbe nulla. Ma per un cattolico sarebbe lo stesso vedere Budda e Manitù accanto al Crocifisso? E a quel punto i musulmani e gli ebrei cosa penserebbero? Ecco perché – a nostro avviso – le parole della Cassazione che tanto hanno entusiasmato i cattolici di “Avvenire” a noi, per questa parte, lasciano perplessi.
Da un lato riconoscono ciò che non ci sarebbe neppure bisogno (e lo diciamo da laici) di riconoscere: ovvero che il crocifisso è tradizione culturale di un popolo.
Quindi non discrimina. Dall’altra, legandolo al volere della comunità scolastica e nel caso con l’accompagnamento a simboli di altre confessioni, attutiscono la portata stessa di quel riconoscimento.
Che una cultura come la nostra, italiana e occidentale, figlia delle radici giudaico-cristiane, si trovi oggi immersa in un dibattito pubblico di questo genere è un chiaro segno della crisi identitaria che stiamo attraversando. Gli ebrei che dovrebbero essere – vista la storia – i più potenzialmente offesi dall’esposizione del crocifisso, a nostra memoria non hanno mai sollevato una questione sull’argomento.
Il fascista Benito Mussolini, mangiapreti e anticlericale sin nel midollo, con il Vaticano siglò i patti Lateranensi nel 1929, un accordo che il socialista Bettino Craxi revisionò e rinnovò nel 1984. E noi stiamo ancora a discutere di cosa appendere alle pareti nelle aule scolastiche. Che Manitù ci protegga, di questo passo finiremo con l’averne bisogno.
Di Aldo Smilzo
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