Alle prese con una serie di anni via via sempre più caldi e alcune estati oggettivamente torride, l’opinione pubblica italiana si è ormai assuefatta all’idea che il nostro sia un Paese a rischio siccità. Almeno, con un grosso problema potenziale di rifornimento idrico. Non è vero.
Tanto per cominciare, quello italiano è tutt’altro che un territorio siccitoso e anche in anni recenti è piovuto più da noi che in Germania è Olanda, tanto per fare due esempi. Luoghi comuni a parte, il tema-acqua risulterà sempre più centrale e strategico con il passare degli anni, perché i cambiamenti climatici sono un fatto, così come la palese mutazione nelle caratteristiche delle precipitazioni stesse. Sempre più spesso queste ultime assumono anche in Italia caratteristiche “tropicali“, quasi del tutto sconosciute al nostro Paese sino a non tantissimi anni fa. Basti pensare ai recenti, tragici fatti della Romagna, ma anche a singoli episodi molto meno devastanti ma comunque impressionanti come i nubifragi che in settimana hanno investito Milano e non solo.
La Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro dedicherà oggi proprio all’acqua il proprio convegno annuale, in programma a Genova. Acqua intesa come bene primario, ma soprattutto da tutelare e gestire in modo ben più efficiente di quanto si sia mai fatto in tutto il mondo e purtroppo anche nella nostra Italia.
Mentre ci strappiamo i capelli per la siccità e il climate change, quasi nessuno presta attenzione a una storica carenza italiana: l’incapacità di raccogliere, immagazzinare e sfruttare la gigantesca ricchezza rappresentata dall’acqua piovana. L’ingegner Ugo Salerno, presidente e amministratore delegato di RINA e presidente del Gruppo ligure dei Cavalieri del Lavoro, si è sempre dedicato allo studio dell’acqua e all’analisi del mancato sfruttamento di questa risorsa. A chi nome noi ha avuto l’opportunità di intervistarlo per La Ragione, ama ricordare come nell’ormai remoto 1971 l’Italia – alla Conferenza nazionale delle acque – pose come obiettivo strategico di raggiungere i 17 miliardi di metri cubi di acqua piovana recuperata entro il 1982. Oggi, anno di grazia 2023, siamo a 12 miliardi di metri cubi.
Se non fosse una cosa maledettamente seria, ci sarebbe da ridere: 41 anni dopo un target fissato nel 1971, siamo a secco. È il caso di dirlo. Per tacere di una rete idrica in condizioni spesso imbarazzanti, che porta ad accumulare sprechi intollerabili. A questo quadro, aggiungete che per l’italiano medio l’acqua è “gratis” e avrete l’ultimo tassello per inchiodare l’Italia alla sua indifferenza.
di Fulvio Giuliani
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