Allarme Pronto Soccorso, serve rimediare
In Veneto al concorso per 154 medici di Pronto Soccorso si sono presentati solo 59 candidati. La punta di un iceberg che trova nello scarso riconoscimento economico e nel rischio di essere aggrediti le sue causa principali. Urge trovare soluzioni perché la prima assistenza in ospedale non può essere considerata un dettaglio
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In Veneto al concorso per 154 medici di Pronto Soccorso si sono presentati solo 59 candidati. La punta di un iceberg che trova nello scarso riconoscimento economico e nel rischio di essere aggrediti le sue causa principali. Urge trovare soluzioni perché la prima assistenza in ospedale non può essere considerata un dettaglio
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In Veneto al concorso per 154 medici di Pronto Soccorso si sono presentati solo 59 candidati. La punta di un iceberg che trova nello scarso riconoscimento economico e nel rischio di essere aggrediti le sue causa principali. Urge trovare soluzioni perché la prima assistenza in ospedale non può essere considerata un dettaglio
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In Veneto al concorso per 154 medici di Pronto Soccorso si sono presentati solo 59 candidati. La punta di un iceberg che trova nello scarso riconoscimento economico e nel rischio di essere aggrediti le sue causa principali. Urge trovare soluzioni perché la prima assistenza in ospedale non può essere considerata un dettaglio
Durante la pandemia chi lavora in Pronto Soccorso è stato sottoposto a enorme stress e carichi di lavoro enormi. Le immagini dei corridoi pieni di pazienti Covid sono scolpite nella nostra mente. Ora però che non siamo in quella emergenza, l’onda lunga delle problematiche che il Coronavirus ha fatto emergere si fa sentire. E così quello che una volta veniva considerato come un lavoro di grande importanza – e che nei fatti lo è – adesso viene scelto sempre meno. Basti pensare che in Veneto, non certo fanalino di coda in Italia per la qualità dei servizi sanitari, al concorso per 154 medici di Pronto Soccorso si sono presentati solo 59 candidati. Praticamente un terzo.
A invogliare non sono bastati neanche i 100 euro lordi garantiti per chi accetta di coprire turni in quella che è la prima linea degli ospedali. Tanto decantata nelle serie tv, la verità è che per chi fa Medicina ha ormai pochissimo appeal: oltre il 40% delle borse di studio non vengono assegnate. Il motivo è facile da intuire e non riguarda solamente la questione economica. Come si è visto con il Covid, ma come in realtà succede anche nei periodi “normali”, la responsabilità di chi lavora in Emergenza Urgenza è enorme: da come viene gestito un paziente al suo arrivo in ospedale ne può dipendere la sopravvivenza. In più, ovviamente, i turni sono pesanti e l’afflusso di pazienti – soprattutto negli orari notturni e nei weekend – è elevato. I medici preferiscono altri reparti, meno “a rischio” e dove il carico di lavoro risulta meno gravoso. Reparti dove non si rischia di essere aggrediti, come purtroppo capita invece in Pronto Soccorso: ed è questa un’altra problematica, legata alla sicurezza del personale, che non deve essere sottovalutata. Per questo c’è chi giustamente chiede che vengano disposti anche servizi di sorveglianza.
Tasselli che si uniscono e si sommano e spiegano il motivo di un fenomeno che va assolutamente arginato: la qualità della prima assistenza in ospedale è un elemento che non può essere considerato di second’ordine. Per ora, almeno in Veneto, pare che si farà ricorso alle cooperative per tamponare i buchi di organico. Ma sappiamo dalle notizie di cronaca quanto questo possa essere rischioso, soprattutto in termini proprio qualitativi. Valorizzare – economicamente ma non solo – chi sceglie un ruolo così importante ma che comporta inevitabilmente sacrifici, è necessario per garantire un livello di assistenza adeguato per tutti.
Di Annalisa Grandi
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