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Alle origini del Capodanno

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Alle origini del Capodanno

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Alle origini del Capodanno

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«A Capodanno nessuno faccia empie ridicolaggini quali andare mascherati da giovenche o da cervi, o fare scherzi e giochi, e non stia a tavola tutta la notte né segua l’usanza di doni augurali o di libagioni eccessive. Nessun cristiano creda in quelle donne che fanno i sortilegi con il fuoco perché è opera diabolica». Se il precetto di Sant’Eligio (588-660 d.C.) fosse stato ascoltato, il primo gennaio sarebbe un giorno come gli altri. Invece i druidi pagani delle Fiandre continuarono a omaggiare l’arrivo di un nuovo anno con feste e banchetti, tradizione rimasta sino ai giorni nostri. L’origine della festa di Capodanno si fa risalire al 153 a.C. quando la Roma repubblicana aveva l’esigenza di elevare rapidamente a console Quinto Fulvio Nobiliore per poterlo mandare in Spagna a sedare una rivolta, ignorando così la consuetudine di conferire le nuove nomine a marzo, mese dedicato al dio Marte e che apriva il calendario romanoQuasi cento anni dopo, Giulio Cesare formalizzò il 1° gennaio come giorno di inizio di un nuovo anno, facendolo coincidere con i festeggiamenti in onore del dio romano Giano, da cui il nome del mese. Bisogna poi attendere la bolla papale di Gregorio XIII nel 1582 per vedere riconosciuto il primo giorno di gennaio, data in cui Gesù sarebbe stato circonciso, come inizio dell’anno anche per il mondo cristiano. Con il passare del tempo, molte dittature tentarono di introdurre nuovi calendari e nuove ricorrenze. Nella Francia rivoluzionaria venne adottato il “Calendario repubblicano”, decristianizzato e riformato sull’astronomia, sulla vita agricola, sul sistema decimale. Il primo giorno dell’anno cadeva il 21 settembre (1 vendemmiaio). L’Italia fascista riscrisse il tempo facendolo partire dalla marcia su Roma: la festa del 28 ottobre venne considerata capodanno del regime, associato a una numerazione degli anni parallela a quella tradizionale, dando così inizio all’“Anno I dell’era fascista”. Le origini pagane del Capodanno sono rivelate anche da alcuni riti scaramantici che accompagnano la festa. L’usanza di indossare abiti e biancheria intima rossi risale all’antica Cina: è il colore che spaventa Niàn, il mostro marino divoratore di uomini che secondo la leggenda appare soltanto il primo dell’anno. La tradizione di mangiare lenticchie e cotechino è invece dovuta alla loro forma rotonda e rappresenta la chiusura di un ciclo con l’auspicio che ne segua uno migliore. Risale invece alla mitologia scandinava il bacio sotto un rametto di vischio. Dopo aver sognato la morte prematura del figlio Baldur, la dea Frigg fece giurare a tutti gli elementi viventi e vegetali che non gli avrebbero mai fatto del male. Dimenticò però di dirlo al vischio. Circostanza che fu propizia a Loki, dio dell’inganno, per uccidere Baldur usando una freccia fatta con il legno della pianta. Ma le lacrime della madre versate sul corpo del figlio si trasformarono in bacche di vischio, riuscendo così a farlo tornare in vita. Da allora la dea Frigg decise di innalzare il vischio a simbolo dell’amore universale, stabilendo che chiunque si fosse baciato sotto i suoi ramoscelli avrebbe avuto eterna protezione nella vita amorosa. La pazienza è invece alla base di una singolare usanza giapponese: a mezzanotte bisogna andare in un tempio ad ascoltare i 108 colpi di gong che scandiscono l’arrivo del nuovo anno e che rappresentano i peccati che nei successivi dodici mesi potranno essere commessi senza alcuna colpa morale.   di Stefano Caliciuri

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