Bullismo, quel che intrattiene molti può danneggiare troppi
Si registrano casi sempre più frequenti di atteggiamenti di bullismo anche fra i banchi delle scuole elementari

Bullismo, quel che intrattiene molti può danneggiare troppi
Si registrano casi sempre più frequenti di atteggiamenti di bullismo anche fra i banchi delle scuole elementari
Bullismo, quel che intrattiene molti può danneggiare troppi
Si registrano casi sempre più frequenti di atteggiamenti di bullismo anche fra i banchi delle scuole elementari
La Gomorra biblica è una delle cinque città distrutte da Dio. Nella versione laica indica l’indiscriminata indifferenza fra bene e male, diritti e spettanze, libertà personale e servilismo di gruppo. Ma esiste anche una “Gomorra” fiction televisiva, derivata dall’omonimo romanzo, in cui troneggiano le frasi in gergo dei boss(con i sottotitoli in mondovisione), del tipo: «’A democrazia nun funziona, pecché i cani si mangiano tra di loro si nun ce sta ’o bastone». O ancora: «’A fiducia è ’na debolezza… L’omm che po’ fa a meno ’e tutt’cose no tene paura e nient». Espressioni di forte impatto sulla psiche dei ‘guagliù’ di tutte le età e le geografie, soprattutto se fragili, privi di un supporto familiare e scolastico valido, dunque incapaci di discernere i criteri del bene da quelli del male.
I personaggi di “Gomorra”, uniti ad altri sul genere, non rimbalzano dallo schermo troppo cattivi. Anzi, presentati in maniera seduttiva come eroici e vincenti – nonostante l’ambiente sociale degradato e quel tribalismo violento in cui lo Stato è completamente assente – possono indurre a modelli di vita sbagliati. Gli atteggiamenti di bullismo precedono i tempi del libro “Cuore”, ma dalla fiction alla vita reale si manifestano in età più precoce: anni fa era un fenomeno delle scuole superiori, mentre oggi si registrano casi sempre più frequenti anche fra i banchi delle elementari. Bullo è chi vuole affermare sé stesso contro tutti – alla maniera di Ciro o di Genny, protagonisti di “Gomorra” – e ritiene tale pratica un valore assoluto. Un bullo non appartiene necessariamente a una classe sociale meno abbiente e in genere riceve dalla famiglia una scarsa capacità di socializzazione e una spinta esasperata all’individualismo e alla competizione. Le motivazioni sono varie: fra queste c’è il desiderio di stabilire un dominio sociale, sfidando i sentimenti di rabbia e di inadeguatezza, la scarsa competenza nella condivisione e la poca capacità di autocontrollo oppure il fatto di essere lui stesso vittime di sopraffazione e di violenza.
Il primo a parlare di bullismo fu negli anni Settanta Dan Olweuns, docente di Psicologia presso l’Università di Bergen e autore di un Programma di prevenzione del bullismo adottato in diversi Paesi europei. Secondo Olweuns si può parlare di questo fenomeno quando coesistono tre punti fondamentali: l’intenzionalità, la persistenza nel tempo e l’asimmetria di forza o potere nella relazione fra carnefice e vittima. Quest’ultima si presenta come un essere debole, introverso, spesso iper protetto dalla figura materna, che accetta le vessazioni in silenzio perché incapace di reagire e troppo timido per denunciare. Pertanto è importante prestare attenzione ai segnali di stress, ansia, disattenzione, insonnia e alle somatizzazioni che appaiono senza un nesso di causalità. Con l’avvento di Internet è nato anche il cyberbullismo, ancora più impattante, giacché la barriera dello schermo allenta i freni inibitori e amplifica l’aggressività.
Gli studiosi affermano che i danni psicologici a lungo termine di tale fenomeno si ripercuotono anche sul soggetto dominante: tanto i bulli quanto le vittime si portano dentro ferite profonde. Ma arriva il punto in cui viene spontaneo chiedersi cosa sia la civiltà. Secondo il filosofo Karl Popper «civiltà è lottare contro la violenza, in nome della pace tra le nazioni, all’interno delle nazioni e, prima di tutto, all’interno delle nostre case». E John Condry aggiunge: «In tv ci sono prodotti da vendere. Se quel che attrae l’attenzione distorce la realtà, vi sarà distorsione sociale. E se i bambini di oggi sono crudeli verso i loro simili e ridono dei più deboli, forse è perché i poveri e quelli meno fortunati sono considerati anche dai media poco attraenti».
di Elvira Morena
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche

Ercolano, come si mangiava 2000 anni fa

Vent’anni senza Wojtyla, il papa che divenne santo

In Italia facciamo finta che il lavoro sia quello di prima
