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Caduti e arrestati, i russi ostaggio dell’allucinazione

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Dopo la criminale guerra di Putin, saranno le manifestazioni e le ribellioni contro la censura la vera eredità comune che Russia e Ucraina condivideranno.

Caduti e arrestati, i russi ostaggio dell’allucinazione

Dopo la criminale guerra di Putin, saranno le manifestazioni e le ribellioni contro la censura la vera eredità comune che Russia e Ucraina condivideranno.
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Caduti e arrestati, i russi ostaggio dell’allucinazione

Dopo la criminale guerra di Putin, saranno le manifestazioni e le ribellioni contro la censura la vera eredità comune che Russia e Ucraina condivideranno.
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È una contabilità doppia, ma stranamente convergente. Dall’inizio dell’attacco sarebbero almeno 12mila i soldati russi caduti in guerra. Secondo i dati forniti su Twitter da “Ovd Info”, sarebbero però anche almeno 14.219 (817 in 37 città, solo nella ultima serie di proteste) i russi finora arrestati per aver manifestato contro la guerra. Quel che non è convergente è il rispettivo livello di creatività dei due gruppi. Minimo quello dei generali, che peraltro muoiono anche loro in prima linea (sono già almeno tre). Il loro è uno schema abbastanza vecchio – fatto di attacchi frontali e tentativi di accerchiamento, carri armati e pesante appoggio di artiglieria e bombardamenti aerei – che guadagna terreno a fatica. Dalle notizie che trapelano su purghe nei Servizi, dovrebbe rispondere a una applicazione meccanica di vecchi manuali cui si è ricorso d’urgenza dopo il flop del grandioso piano per prendere l’Ucraina senza colpo ferire attraverso quinte colonne acclamanti, in realtà ‘inventato’ per compiacere il presidente. C’è perfino il dubbio che un bel po’ di rubli stanziati per ‘ungere’ in Ucraina se li siano in realtà intascati coloro che avrebbero dovuto distribuirli. Quella messa in pratica dagli oppositori russi alla guerra è, al contrario, una forma piuttosto inedita di manifestazione del dissenso. A Mosca, ad esempio, gli agenti antisommossa hanno pestato e arrestato Dmitry Reznikov per avere mostrato un pezzo di cartone su cui comparivano soltanto asterischi – “*** *****” – ma in numero uguale alle lettere che compongono “net voyne (no alla guerra). E a Nizhni Novgorod una donna è stata arrestata semplicemente per avere esibito un foglio bianco, senza alcuna scritta. Usatissimi anche gli emoji e altri simboli. Molti ripresi da quella comune cultura della globalizzazione che i russi hanno condiviso con il mondo e alla quale sono ora costretti a rinunciare insieme a Facebook, a Instagram e ai locali McDonald’s. Fantasia contro brutalità, insomma. Una cosa importante, nel momento in cui l’esasperazione del conflitto rischierebbe di rilanciare antichi stereotipi sulla Russia, di cui una delle più celebri esemplificazioni fu quella di Karl Marx: «Nel fango insanguinato della schiavitù mongola e non nella gloriosa rudezza dell’epoca normanna è nata quella Moscovia di cui la Russia moderna non è che una metamorfosi». Ma che l’idea dei russi “servi” per una sorta di dna sia altrettanto fuorviante della contrapposta propaganda sugli ucraini “nazisti per dna” lo dimostrano appunto i russi che vanno in piazza a farsi arrestare, rischiando fino a 15 anni di carcere, allo stesso ritmo con cui altri russi si stanno facendo falciare sul terreno di battaglia. Dal carcere, l’oppositore al regime putiniano Aleksej Naval’nyj aveva chiesto sia ai russi che agli ucraini di scendere insieme in piazza ogni domenica alle 14. E gli ucraini nella assediata Mariupol sono scesi in piazza in contemporanea con i russi. Inizierà anche da questo, dopo la criminale guerra di Putin, la vera eredità comune che Russia e Ucraina dovranno condividere. di Maurizio Stefanini

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