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Dallo Stato di diritto allo Stato di polizia

La necessità di tutelare le vittime è importante quanto la necessità di non impiegare un decennio per smontare castelli accusatori nei confronti di chi è innocente. Il meccanismo della giustizia continua ad essere elefantiaco.
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Dallo Stato di diritto allo Stato di polizia

La necessità di tutelare le vittime è importante quanto la necessità di non impiegare un decennio per smontare castelli accusatori nei confronti di chi è innocente. Il meccanismo della giustizia continua ad essere elefantiaco.
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Dallo Stato di diritto allo Stato di polizia

La necessità di tutelare le vittime è importante quanto la necessità di non impiegare un decennio per smontare castelli accusatori nei confronti di chi è innocente. Il meccanismo della giustizia continua ad essere elefantiaco.
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La necessità di tutelare le vittime è importante quanto la necessità di non impiegare un decennio per smontare castelli accusatori nei confronti di chi è innocente. Il meccanismo della giustizia continua ad essere elefantiaco.
Dieci anni perché gli venisse riconosciuto che le accuse di violenza sessuale della sua domestica erano assolutamente infondate. L’altra faccia della medaglia dello stesso sistema che non fa scattare misure preventive per chi viene denunciato per qualcosa che ha fatto davvero. Come è necessario tutelare le vittime, lo è anche far sì che non ci voglia un decennio per smontare castelli accusatori che potevano crollare subito, con un esame del Dna. L’eccesso o al contrario l’assenza di misure preventive, che un disegno di legge punta a inasprire, non sciolgono un nodo irrisolto: il meccanismo della giustizia che continua a essere elefantiaco. Non si può vivere in uno Stato di polizia, affidandosi a quelle misure e poi dover aspettare anni per la verità processuale. Le sentenze devono arrivare in tempi che siano accettabili, perché è questo che consentirebbe di sentirsi al sicuro e non in balia di meccanismi che si inceppano. Con innocenti che rimangono in un limbo per anni, quando non in carcere. di Annalisa Grandi

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