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DiParola Festival linguaggio

Dimmi come parli: nasce il DiParola Festival

Siamo davvero sicuri comprendere tutto, a causa in primis della retorica? In soccorso arriva il DiParola Festival per un linguaggio chiaro e accessibile
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Dimmi come parli: nasce il DiParola Festival

Siamo davvero sicuri comprendere tutto, a causa in primis della retorica? In soccorso arriva il DiParola Festival per un linguaggio chiaro e accessibile
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Dimmi come parli: nasce il DiParola Festival

Siamo davvero sicuri comprendere tutto, a causa in primis della retorica? In soccorso arriva il DiParola Festival per un linguaggio chiaro e accessibile
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Siamo davvero sicuri comprendere tutto, a causa in primis della retorica? In soccorso arriva il DiParola Festival per un linguaggio chiaro e accessibile
Quante volte assistiamo a convegni politici i cui fini restano misteriosi a causa di un uso eccessivo di retorica? Quanti di noi possono sostenere di saper leggere un documento legale, un atto amministrativo, termini e condizioni di un contratto o persino un’anamnesi medica? Non è detto che non comprendere sia sempre colpa nostra. Il linguaggio continua ad affascinarci perché è lo specchio della nostra evoluzione come esseri umani, perché parla di e per noi. Il politicamente corretto, ormai letteralmente sulla bocca di tutti, è soltanto un esempio recente. Ma se linguaggio e cultura vanno a braccetto da sempre è anche lecito chiedersi quanto un loro scorretto utilizzo (e relativa interpretazione) possa far danni più seri di quelli che immaginiamo. Sul tema si tengono oggi e domani i lavori del DiParola Festival, interamente online e accessibile a tutti. Valentina Di Michele, fondatrice di Officina Microtesti (primo studio di Ux writing e neurodesign) lo ha ideato per sfatare proprio miti e tabù del linguaggio, per imparare a comunicare e comprendere davvero: «Il DIParola è il primo evento italiano interamente dedicato al linguaggio chiaro, inclusivo e accessibile: tutti termini che vanno insieme perché non c’è inclusione né accessibilità senza anche chiarezza». Il modello a cui attingere pare essere quello anglosassone del plain language: chiarezza e democraticità espressiva senza mai scadere nella banalità. Un approccio figlio dei social e richiesto dagli utenti anche al di fuori dei confini digitali. «È stato appurato il suo valore anche sul piano economico: più chiarezza, maggiore fiducia e quindi scelta. Abbiamo una sorta di prevenzione nei confronti della chiarezza proprio perché a scuola ci insegnano che si deve parlare in modo aulico. È una caratteristica della nostra lingua e infatti sul tema siamo parecchio indietro rispetto ad altri Paesi» spiega Di Michele. Ma c’è anche un altro scoglio da superare: quel retaggio culturale che fa del linguaggio semplice ed esaustivo un linguaggio banale e mediocre. Ne è un esempio emblematico il recente battibecco fra Lilly Gruber e la segretaria del Pd Elly Schlein nel salotto tv di “Otto e Mezzo”. I roboanti discorsi e gli obiettivi fumosi illustrati dalla Schlein hanno indispettito persino la Gruber perché, come ci spiega Di Michele, «la retorica ha una doppia natura: spiega l’inspiegabile, muove all’azione e trasforma la realtà. Nel bene e nel male. È importante conoscerla per non farsi abbindolare». Sono anni che l’Unione europea insiste su questo tema. La direttiva sull’accessibilità del web, in vigore dal 22 dicembre 2016, fornisce per esempio alle persone con disabilità un migliore accesso a Internet e alle app dei servizi pubblici, anche attraverso l’uso di un linguaggio chiaro e a misura di dispositivi assistivi. «Mi piacerebbe davvero che ci fosse più attenzione verso il tema» conclude Di Michele. «Rispetto a tanti altri Paesi siamo indietro, ancora arroccati nelle nostre posizioni, incapaci di raccogliere questa ondata di novità e positività che renderebbe più semplici le nostre vite». di Raffaela Mercurio

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