Economia reputazionale
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Vivremo in un mondo interconnesso in cui il web sarà più influente di qualunque altro canale informativo mai esistito. Joe Fernandez, per esempio, ha fondato il primo servizio universalmente riconosciuto per traghettare l’umanità nell’economia della reputazione.

Economia reputazionale
Vivremo in un mondo interconnesso in cui il web sarà più influente di qualunque altro canale informativo mai esistito. Joe Fernandez, per esempio, ha fondato il primo servizio universalmente riconosciuto per traghettare l’umanità nell’economia della reputazione.
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Vivremo in un mondo interconnesso in cui il web sarà più influente di qualunque altro canale informativo mai esistito. Joe Fernandez, per esempio, ha fondato il primo servizio universalmente riconosciuto per traghettare l’umanità nell’economia della reputazione.
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Vivremo in un mondo interconnesso in cui il web sarà più influente di qualunque altro canale informativo mai esistito. Se prendiamo per assodato questo passaggio, va da sé che l’individuo assume un peso decisamente maggiore rispetto a quello che abbia mai avuto in precedenza, proprio perché non sarà uno spettatore ma un attore, una parte attiva dell’azione.
Per questo sono convinto che oggi non si possa parlare di web senza parlare di economia della reputazione. Cory Doctorow è un blogger canadese, giornalista e noto scrittore, che in un romanzo del 2003 dal titolo “Down and Out in the Magic Kingdom” analizzava da vicino l’economia della reputazione nel più pragmatico dei modi, cercando cioè di stabilire un valore a quello che facciamo e far sì che diventi una ‘quantità reputazionale’. Noi facciamo qualcosa, questo qualcosa ci dà un punteggio e questo punteggio è la nostra reputazione.
Studi recenti prevedono non solo la semplificazione del punteggio della reputazione ma danno per scontato che questa diventerà, nei prossimi 15 anni, una vera e propria moneta di scambio. In che modo? Joe Fernandez ha fondato il primo servizio universalmente riconosciuto per traghettare l’umanità nell’economia della reputazione.
Nel settembre del 2009 ha lanciato il suo servizio “Klout” e anche se da molti è stato considerato poco più di un gioco a causa delle evidenti falle tecnologiche che lo rendevano poco affidabile – decretandone di fatto la chiusura nel 2018 – i suoi meccanismi erano interessanti. Il sistema abbinava a ognuno di noi un punteggio da 0 a 100 in base alle nostre relazioni sociali. Più quello che scrivevamo in Rete generava ‘ingaggio’ – ovvero azioni e reazioni – e più aumentava il suo valore, misurato appunto nel “punteggio di Klout”.
Ad avere un peso non era soltanto quanto pubblicato ma anche coloro che lo condividevano e decidevano di interagire con noi: applicando il principio della proprietà transitiva reputazionale, se questi individui avevano un alto punteggio di converso aumentava anche il nostro Klout.
Questo sistema, che aveva come fine quello di mostrare alle aziende quali fossero le persone realmente influenti, fallì a causa della superficialità dell’algoritmo e al fatto che la quantità di interazioni non è un valore se prescinde dalla loro qualità. Sta di fatto che da allora è stata imboccata la strada per portare la reputazione personale a un livello successivo: misurabile, calcolabile, spendibile.
Di Rudy Bandiera
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Tag: economia
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