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Equidistanza sull’Ucraina, no grazie

La propaganda russa colpisce ancora: secondo un recente sondaggio del Corriere della Sera sulla questione Ucraina il 40% degli italiani sceglie l’equidistanza.
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Equidistanza sull’Ucraina, no grazie

La propaganda russa colpisce ancora: secondo un recente sondaggio del Corriere della Sera sulla questione Ucraina il 40% degli italiani sceglie l’equidistanza.
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Equidistanza sull’Ucraina, no grazie

La propaganda russa colpisce ancora: secondo un recente sondaggio del Corriere della Sera sulla questione Ucraina il 40% degli italiani sceglie l’equidistanza.
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La propaganda russa colpisce ancora: secondo un recente sondaggio del Corriere della Sera sulla questione Ucraina il 40% degli italiani sceglie l’equidistanza.
Abbiamo sempre considerato “l’equidistanza“ nella tragedia ucraina improponibile. Come si può essere “equidistanti“ quando un popolo viene aggredito a freddo, con l’intento dichiarato di cancellarne il proprio stato, la propria indipendenza, la propria idea di libertà e identità? Eppure, è quello che ci siamo dovuti sorbire in ormai due mesi e mezzo di guerra. Un racconto di fantasia (incubo), animato dalla peggiore forma di ipocrisia, quella che calpesta la dignità di una parte, per puro asservimento ideale – se non direttamente materiale – al fascino del dittatore. Una retorica devastante e di sicuro successo a vederne gli effetti… Secondo un recentissimo sondaggio, pubblicato oggi dal Corriere della Sera, se è vero che una minoranza quasi trascurabile si schiera completamente dalla parte russa e che il 53% degli italiani appoggia l’Ucraina, un 40% abbondante sceglie l’equidistanza. Più di quattro su 10, dunque, non ritengono di poter o voler scegliere con chi stare. Non bastano i massacri, non basta la violenta e inconcepibile aggressione dell’armata di Putin a convincere tanti delle ragioni (persino disperate) di un popolo che combatte per la propria esistenza. Parliamo di milioni di nostri concittadini, persone con cui interagiamo, lavoriamo, incrociamo nelle nostre attività quotidiane, che semplicemente credono alla propaganda russa. Quella che trovano sui social, che sentono ripetere ossessivamente in televisione, quella che abbiamo messo all’indice più volte sottolineandone i rischi enormi. Attenzione, non dal 24 febbraio, ma da anni. Un lavoro che parte da lontano e ha scavato in profondità. Una ‘disinformatia’ che ha funzionato e continua a funzionare e non si combatte con la censura – paradossale favore che si farebbe ancora allo zar – ma solo con un quotidiano impegno in favore delle ragioni solari degli aggrediti e degli oppressi. Non resta che ribattere, ma anche ridicolizzare le fanfaronate e le spacconate che si infrangono ogni giorno sulla realtà di una guerra impantanata e sempre più insensata. Miracoli non se ne fanno, quel 40% è il frutto di anni di inquinamento dei pozzi, ma ogni nuovo giorno lasciato a disposizione della propaganda è un giorno buttato. di Fulvio Giuliani

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