Errori e mancanza, non fatalità
Bisogna fare chiarezza sulla tragedia di Brandizzo. Forse una catena di errori – questo lo scopriremo solo eventualmente nell’inchiesta – che è costata la vita a cinque operai
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Errori e mancanza, non fatalità
Bisogna fare chiarezza sulla tragedia di Brandizzo. Forse una catena di errori – questo lo scopriremo solo eventualmente nell’inchiesta – che è costata la vita a cinque operai
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Bisogna fare chiarezza sulla tragedia di Brandizzo. Forse una catena di errori – questo lo scopriremo solo eventualmente nell’inchiesta – che è costata la vita a cinque operai
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Bisogna fare chiarezza sulla tragedia di Brandizzo. Forse una catena di errori – questo lo scopriremo solo eventualmente nell’inchiesta – che è costata la vita a cinque operai
Un dolore così non è commensurabile, non ha logica. Quante volte abbiamo pensato e scritto queste stesse cose, davanti a vite spezzate in giornate apparentemente normali, uguali a mille altre.
Dopo gesti così naturali, accompagnati dalle indicazioni, le istruzioni e anche le battute e i sorrisi di sempre. Per rendere più leggere e sopportabili le ore di lavoro, quella fatica manuale sempre più rara del mondo di oggi. Eppure indispensabile, nonostante tutta la nostra tecnologia, la nostra modernità.
Sette uomini chiamati a riparare un tratto di strada ferrata, come fatto infinite altre volte e da tanti colleghi in giro per il mondo. Quei lavori che le macchine non fanno o non fanno ancora. Affidandosi al sistema, dove per sistema intendiamo l’insieme delle regole, delle procedure, degli accorgimenti e degli strumenti che devono consentire di lavorare nel modo più sicuro possibile.
Sulla scorta di decenni e decenni di esperienze e anche di tragici errori. Perché impariamo o almeno dovremmo farlo.
Cinque uomini non tornano, due sì. Gli infiniti incroci del destino e delle casualità a lasciare sbigottiti chi resta e chi può solo piangere.
Fra le testimonianze strazianti, colpisce quella di uno dei due operai sopravvissuti: “È stato lo spostamento d’aria del treno ad avermi salvato“. Proprio la macchina diventata incolpevole strumento di morte che con la sua velocità allontana da sé due uomini – salvando loro la vita – e ne travolge altri cinque.
Casualità e destino, ma solo a determinare chi muore e chi vive. Chi si chiederà perché a lui sia toccato restare e alla persona al proprio fianco no. Domanda senza risposta, pronta a inseguirti per una vita intera.
Nessuna casualità e nessun destino, invece, all’origine della tragedia: solo errori. Forse una catena di errori, che scopriremo eventualmente nell’inchiesta. È probabile che ancora una volta saremo colpiti da quanto tutto potesse essere evitato con apparentemente semplicità.
Impareremo, nel modo più doloroso e insopportabile, quali errori non commettere e come evitarli.
Una certezza possiamo anticiparla: in un mondo che va più veloce e richiede più precisione, attenzione e coordinamento fra l’uomo e le macchine, possiamo permetterci di sbagliare sempre meno. Serve attenzione maniacale, cura di ogni singolo dettaglio.
Dobbiamo capire sino nei particolari cosa sia accaduto, per onorare chi ha perso la vita nell’unico modo che abbia un senso: riducendo – per quanto umanamente possibile – le chance che qualcosa del genere accada ancora.
di Fulvio Giuliani
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