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Faide e toghe

C’è la sensazione che qualcosa stia accadendo dietro le quinte della vicenda dei ‘dossieraggi’. Come un regolamento di conti tra magistrati

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Faide e toghe

C’è la sensazione che qualcosa stia accadendo dietro le quinte della vicenda dei ‘dossieraggi’. Come un regolamento di conti tra magistrati

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C’è la sensazione che qualcosa stia accadendo dietro le quinte della vicenda dei ‘dossieraggi’. Come un regolamento di conti tra magistrati

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C’è la sensazione che qualcosa stia accadendo dietro le quinte della vicenda dei ‘dossieraggi’. Come un regolamento di conti tra magistrati

Mentre tutta Italia sembra vivere appesa ai nominativi che gocciolano quotidianamente dagli elenchi dei file della Direzione nazionale antimafia scaricati abusivamente, c’è la sensazione che qualcosa stia accadendo dietro le quinte della fanfara mediatica di contorno alla vicenda dei ‘dossieraggi’.

Qualcosa che assomiglia molto da vicino a un regolamento di conti in corso tra magistrati, intenti a marcarsi fra loro, a delimitare il campo, a inviarsi segnali: «Io so che tu sai che io so». Non tutte le tessere del puzzle vanno già al proprio posto, ma di sicuro c’è materiale per ragionarci su.

C’è un procuratore della Repubblica dal curriculum che pesa, come Raffaele Cantone, che chiede di essere sentito in Commissione antimafia assieme a un altro magistrato altrettanto insigne: Giovanni Melillo, capo della Direzione nazionale antimafia. Al di là della circostanza già di per sé perlomeno insolita, c’è un fatto: davanti ai parlamentari Cantone rovescia sul tavolo definizioni da far tremare i vetri («Un verminaio», «Numeri mostruosi», «Mercato degli accessi») e ipotesi di ‘grandi vecchi’ all’opera («I numeri lasciano pensare che ci sia altro dietro»).

Nel pieno di un’indagine così delicata, il titolare dell’inchiesta spiattella dunque elementi, valutazioni e situazioni che dovrebbero restare segreti e di cui al tempo stesso non può non immaginare la sorte: le fauci dei media impazziti e grati per cotanto inaspettato bendiddio. E meno male che le indagini migliori sono quelle che si conducono a fari spenti, che il circo mediatico è un’invenzione, che il magistrato deve soltanto pensare a lavorare nel chiuso della propria stanza. Dice: il suo era un grido d’aiuto. D’accordo, ma rivolto a chi? A quegli stessi parlamentari che si sono divisi un istante dopo aver letto la proposta del guardasigilli Nordio di istituire una Commissione ad hoc?

Poi c’è un altro magistrato di quelli che pesano, se non altro per il grado e il ruolo: Sergio Sottani, procuratore generale della Corte d’appello a Perugia, la città dove Cantone è titolare dell’inchiesta sui ‘dossieraggi’. Di punto in bianco, quarantott’ore fa, agguanta la tastiera e digita un comunicato in cui fa sapere di voler attivare le proprie funzioni di sorveglianza nei confronti dell’operato del procuratore Cantone, in nome del rispetto della presunzione di innocenza e per «segnalare agli organi deputati al controllo quelle che potrebbero apparire eventuali anomalie comportamentali nell’esercizio della funzione giurisdizionale».

Fuor di linguaggio per adepti: Sottani non sembra aver gradito granché la performance di Cantone in Commissione antimafia (definita «inusuale») e si aggrappa al rispetto del principio della presunzione di innocenza (che Cantone avrebbe violato già soltanto raccontando della sua inchiesta ai parlamentari). In più – sostenendo di muoversi anche per «evitare attacchi strumentali ai magistrati requirenti» – tradisce un qual certo fastidio per alcune vecchie intercettazioni saltate fuori (guarda il caso) proprio nei giorni in cui Perugia è al centro dell’attenzione mediatico-giudiziaria: chat che fanno parte dell’inchiesta sulla “Loggia Ungheria” in cui lo stesso Sottani viene citato in termini non esattamente lusinghieri.

L’iniziativa del procuratore generale di Perugia avrà senza ombra di dubbio le migliori intenzioni. Ma un procuratore generale che annuncia di essere pronto a controllare l’operato di un procuratore non può lasciare indifferenti. A voler pensare male, potrebbe sottintendere che non tutto quadra nel lavoro fin qui svolto da Cantone e Sottani fa sapere all’opinione pubblica di essere lì pronto a vigilare. Dicono che Cantone non l’abbia presa benissimo. Anche perché il Csm – a cui ha chiesto di essere sentito – ancora non ha neanche fissato una data.

di Valentino Maimone

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