
Fame da dittatore
Fame da dittatore
Fame da dittatore
Per esempio Abu Alì, cuoco personale di Saddam Hussein, ricorda il suo principale come un autentico amante del cibo iracheno, quello vero (kofta, pacha, qubbah) originario del Tikrit; ma attenzione: bastava un granello di sale in più (o in meno) per far scattare una sanzione pecuniaria pari a 150 dinari. La cucina, altresì, faceva parte dell’ingranaggio bellico di Saddam, che nel suo ultimo periodo al potere esigeva che nelle decine di sue residenze personali venissero preparati e serviti colazione, pranzo e cena, sempre alla stessa ora e anche in sua assenza: una tecnica per aggirare spie e nemici. Paranoia, veleni, calunnie sostavano presso i fornelli del dittatore ugandese Idi Amin. Il suo cuoco personale Otonde Odera giura che non fosse cannibale come leggenda vuole, piuttosto un amante della capra arrosto e, in qualche modo, necessitato a decimare i suoi stretti collaboratori, a far agonizzare centinaia di dissidenti in fosse piene di sterco, a fucilare persone sulla base di una semplice illazione. Nel frattempo le cucine continuavano il loro saporito tran tran, che tutti avevano bisogno di lavorare.
Fidel Castro, invece, non aveva bisogno di chef: era lui il miglior cuoco di Cuba, anche a detta di Erasmo Hernandez, cuciniere ‘titolare’ del regime castrista. Fidel decise che nell’isola si consumava troppa carne e virò le proprie abitudini alimentari (e, quindi, anche quelle del suo popolo) verso i latticini: formaggio e yogurt in primis. E poi quella mucca: Ubre Blanca. Il Comandante ne era innamorato. Grande stazza, grandi seni bianchi, oltre 100 litri di latte prodotti al giorno. Castro esigeva che per lei si raccogliesse l’erba delle Bermude, la migliore. Quando Ubre Blanca ridusse le sue prestazioni, il buon Fidel la uccise con un colpo d’arma da fuoco in testa.
E Pol Pot? Amava la zuppa di serpente e sorrideva spesso alla sua cuoca personale Yong Moeun che ricorda sì le fucilazioni, i processi sommari, le torture, i massacri ma giustifica tutto: «La rivoluzione, in fondo, non doveva fermarsi». Buon appetito a tutti!
Di McGraffio


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