Faziosità virale
| Società
La pandemia morde dolorosamente. A diffidare sui vaccini e a non sopportare i limiti alla libera circolazione, sono ambienti di destra come di sinistra. Fatto è che le loro idee devono essere civilmente discusse.

Faziosità virale
La pandemia morde dolorosamente. A diffidare sui vaccini e a non sopportare i limiti alla libera circolazione, sono ambienti di destra come di sinistra. Fatto è che le loro idee devono essere civilmente discusse.
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Faziosità virale
La pandemia morde dolorosamente. A diffidare sui vaccini e a non sopportare i limiti alla libera circolazione, sono ambienti di destra come di sinistra. Fatto è che le loro idee devono essere civilmente discusse.
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AUTORE: Davide Giacalone
La pandemia è qui e morde dolorosamente. In Germania le cose si mettono male. Almeno si stia attenti a non contagiare il virus con la faziosità, anche perché difficilmente sarebbe lui a morirne. Il virus non è né di destra né di sinistra. Ad avere scelto la strada dei vaccini e della prevenzione anche con (fastidiosi) limiti alla mobilità personale sono tutti i governi del mondo, compresi quelli che provano ad affrancarsi dai secondi, come quello inglese. Questi ultimi, aggiungiamo Israele, allentano le restrizioni puntando sui vaccini e anticipando la terza dose. Fra tutti vi sono governi di destra e di sinistra. A diffidare dei vaccini e a non sopportare i limiti alla libera circolazione, considerandoli un sopruso, sono ambienti di destra come di sinistra.
Nell’ambito della civiltà, per restare alle cose di casa nostra, a opporsi alle scelte fatte ci sono quotidiani come “La Verità” ed esponenti della cultura come Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, che troviamo normale considerare di destra e di sinistra. Come vi sono, su quel fronte, sensibilità liberali. Lo sforzo costante di chi ami il dialogo e il confronto è quello di provare a capire le idee che non si condividono, ma confesso, in questi casi, di fare fatica a razionalizzare come certe cose possano uscire da penne e bocche di persone che, al di là delle diverse opinioni, dovrebbero essere ragionevoli. Ma è un problema mio. Fatto è che le loro idee devono essere civilmente discusse. Il che non avviene o, almeno, non avviene come dovrebbe. E questa è una faccenda che trascende il virus.
Intanto c’è un eccesso di sensibilità, ingenerata dalla convinzione delle parti d’incarnare il bene in una contesa morale. Cosa priva di fondamento. Procediamo tutti passo dopo passo ed è normale che ciascuno valuti diversamente il valore di questo o quel pericolo, ma, almeno, ci si dovrebbe riconoscere il reciproco desiderio di trovare il modo migliore per affrontare il problema. E, già che ci siamo, imparare a cronometrare: c’è gente che conciona fisso in televisione e riempie paginate e lamenta di non avere lo spazio per esporre le proprie idee. Quello squilibrio percettivo è acuito dal modo in cui dibattiamo, avendo eletto il teleschermo a sostituto della piazza e avendo i conduttori televisivi un interesse più alla rissa che all’esposizione. La prima fa audience, la seconda fa noia. Non bastasse questo, di quelle trasmissioni si isolano frammenti di massimo un paio di minuti – puntualmente scegliendo quelli con scontri – e li si diffonde al fastidioso mondo dei copiaincollisti, che li erigono a sincopata verità. In quelle condizioni argomentare non è difficile (anzi), ma inutile.
Poi ci sono i violenti, di destra e di sinistra. E questi si condannano. Senza mezze misure. E non mi pare avvenga con la necessaria chiarezza. Il che è preoccupante, come se avere un compagno o un camerata in più sia da anteporsi alla sua ripugnanza. Non c’è nulla d’innocente in quella bieca faziosità, perché su qualsiasi forma divisiva e qualsiasi tema che serva a spappolare – del tutto a prescindere dal sostenere una cosa o il suo opposto (gliene importa nulla) – sono pronte a intervenire le armate digitali foraggiate da chi non vede l’ora di far crollare il mondo della libertà. E non la vedrà.
Un’ultima cosa: negare (come nego) il collettivismo non significa cancellare la collettività e i suoi interessi. Da che esistono i vaccini sono una profilassi che difende l’individuo e la collettività. E no, non esiste il diritto individuale di mettere a rischio la collettività. Senza che questo sia collettivismo. Ma non per questo è legittimo sostenere che chi non si vaccina sia uno stragista, come non lo è sostenere che sia un libertario.
A quelli che, per argomentare la loro posizione, non sanno rinunciare all’uso di concetti come ‘dittatura’ e citazioni di Hitler e Stalin suggerisco: prendeteli come sintomi del fatto che state dicendo una bischerata. A quelli che evocano la Shoah vada il disprezzo.
di Davide Giacalone
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