Figlie di Stem
Mario Draghi ha annunciato di voler investire un miliardo di euro – dei trenta previsti dal Pnrr destinati alla ricerca – per potenziare l’insegnamento delle materie Stem allo scopo anche di superare il divario di genere che tuttora esiste nel nostro Paese. Ci si chiede se questo possa bastare.
Figlie di Stem
Mario Draghi ha annunciato di voler investire un miliardo di euro – dei trenta previsti dal Pnrr destinati alla ricerca – per potenziare l’insegnamento delle materie Stem allo scopo anche di superare il divario di genere che tuttora esiste nel nostro Paese. Ci si chiede se questo possa bastare.
Figlie di Stem
Mario Draghi ha annunciato di voler investire un miliardo di euro – dei trenta previsti dal Pnrr destinati alla ricerca – per potenziare l’insegnamento delle materie Stem allo scopo anche di superare il divario di genere che tuttora esiste nel nostro Paese. Ci si chiede se questo possa bastare.
Mario Draghi ha annunciato di voler investire un miliardo di euro – dei trenta previsti dal Pnrr destinati alla ricerca – per potenziare l’insegnamento delle materie Stem allo scopo anche di superare il divario di genere che tuttora esiste nel nostro Paese. Ci si chiede se questo possa bastare.
Le dichiarazioni di intenti sono spesso molto belle da ascoltare ma la loro realizzazione pratica alle volte è tutt’altro che semplice. È il caso del presidente del Consiglio che in occasione della sua visita ai laboratori del Gran Sasso ha annunciato di voler investire un miliardo di euro – dei trenta previsti dal Pnrr da destinare alla ricerca – per potenziare l’insegnamento delle materie Stem, ovvero scienze tecnologia ingegneria e matematica, allo scopo anche di superare il divario di genere che tuttora esiste nel nostro Paese: sul totale dei laureati, il 37% dei maschi ha una laurea in queste discipline, mentre le donne che scelgono questo percorso sono soltanto il 16,5%, meno della metà.
L’obbiettivo dichiarato da Mario Draghi è arrivare al 35% ma come si collega un aumento certo lodevole di investimenti alla garanzia di una crescita del numero di ragazze che scelgono questo tipo di percorso? Cosa significa nella pratica? Un tema è quello del potenziamento di questi corsi di studio, rispetto ai quali peraltro il ministro dell’Istruzione Bianchi ha sottolineato che mancano anche i docenti.
E poi il tema della ricerca, l’annosa questione dei nostri ricercatori e delle nostre ricercatrici che alla fine scappano all’estero perché in Italia sono sottopagati. Ma coniugare tutto questo a un tema di genere è complicato, non è meramente una questione di soldi, oltre al fatto che sempre dovrebbe valere la regola che si premia il merito e non l’appartenenza a questa o quella categoria o a questo o quell’altro genere. Il problema forse è più profondo.
Come ha sottolineato Margherita Hack già oltre un decennio fa, è legato agli stereotipi più che alla quantità di finanziamenti. È chiaro che siano necessari più soldi per la ricerca e per l’istruzione, ma l’imbuto si crea poi nel mondo del lavoro: se ancora sopravvive l’idea che certi ruoli siano prettamente o principalmente maschili, non se ne esce. Ed è difficile che a più donne venga voglia di cimentarsi in percorsi di studi complicati per poi ritrovarsi in un imbuto o senza vere prospettive di carriera. Non si tratta di garantire una sorta di ‘quota rosa’: qui mancano proprio le iscritte ai corsi. E non è difficile immaginare che la ragione sia proprio nella percezione di una mancanza di sbocchi concreti.
Proprio nei giorni scorsi, e con scarsa eco mediatica, è andata in scena la protesta dei ricercatori che hanno appeso camici ai cancelli e alle porte dei laboratori per esprimere il loro dissenso nei confronti di un sistema che li costringe al precariato anche ben oltre i 30 anni, a prescindere da quanto lodevole sia stato il percorso di studi. Questo riguarda sia gli uomini che le donne, ovviamente. Ma certo probabilmente incide di più su chi magari vorrebbe anche diventare mamma, oltre che avere un posto di lavoro dignitoso e con qualche garanzia.
Un miliardo sull’istruzione è sempre buona cosa, ma è chiaro che di per sé non determina alcun aumento automatico della partecipazione femminile ai corsi Stem. Le problematiche legate al mondo della scuola stanno riesplodendo in modo prepotente, a cominciare dalla questione Maturità, esame pressoché inutile, fino all’alternanza scuola-lavoro.
Non è un caso che gli studenti tornino in piazza, era da tempo che non si registrava un movimento così attivo: la speranza è che dal muro contro muro delle scorse settimane e da quella brutta pagina di scontri con le forze dell’ordine si arrivi poi a un dialogo che sia realmente costruttivo. Probabilmente in questo la pandemia ha fatto da detonatore: ora che si vede la fine dell’emergenza i problemi riesplodono, ma sono questioni annose a cui purtroppo fino a ora non si è stati in grado di dare risposte strutturali.
di Annalisa Grandi
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