Caro Vialli, il tuo desiderio è stato esaudito
| Società
Perché colpisce così tanto la morte di Gianluca Vialli? Non solo per il personaggio, né per la malattia ma perché riguarda ognuno di noi e ci tocca come se fosse un amico.

Caro Vialli, il tuo desiderio è stato esaudito
Perché colpisce così tanto la morte di Gianluca Vialli? Non solo per il personaggio, né per la malattia ma perché riguarda ognuno di noi e ci tocca come se fosse un amico.
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Caro Vialli, il tuo desiderio è stato esaudito
Perché colpisce così tanto la morte di Gianluca Vialli? Non solo per il personaggio, né per la malattia ma perché riguarda ognuno di noi e ci tocca come se fosse un amico.
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Due mesi fa è morto un mio paziente di tumore al pancreas. Aveva 57 anni. E si chiamava Giovanni. Era un tipo tosto, sempre con la battuta pronta, anche durante le nostre sedute. Non mancava mai di ironizzare sulla propria ipocondria, burlando se stesso per non essere in grado di dominare una malattia “così stupida”. L’ansia, appunto.
Gli ipocondriaci trascorrono parte della loro esistenza a cercare spiegazioni sui loro sintomi, spesso segnali fisiologici normali, ma per loro solo conferme di una morte imminente. Nel loro vagabondare alla ricerca di spiegazioni plausibili e correlate alle ipotesi catastrofiche, gli ipocondriaci come Giovanni non mancano di torturare il medico di medicina generale, quello di famiglia come si amava dire in passato. Seduti nel corridoio dell’ambulatorio, in lunghe attese, con le palpitazioni che ti sconquassano il collo, mentre aspetti il verdetto. Ma il medico, ancora una volta, ti rimanda a casa con la diagnosi-non-diagnosi per eccellenza: Giovanni, è la tua solita ansia. Come a dire che l’ansia non può essere considerata diagnosi a sé.
Eccolo, quindi, il Giovanni che esce sconsolato dall’ambulatorio, una mano sul fianco a contenere quel dolore a cui il medico non ha creduto. Non me lo sto inventando, avrà pensato. E così la decisione di rivolgersi ad uno specialista. Ecografia. Diagnosi. Tumore al pancreas. La penultima volta che ho visto Giovanni mi ha parlato delle cure e del coraggio, e ha citato Vialli e la sua battaglia: “tengo duro come fa lui”. Perché i telegiornali hanno dedicato tanto spazio alla sua morte? vi sarete chiesti. Non di certo perché Vialli era ricco o famoso. E nemmeno per la malattia: quanti ne muoiono ogni giorno?
Ha colpito lo stomaco di ognuno di noi perché è stato rapito in giovane età da un male subdolo, e soprattutto perché la sua storia ricorda quella di molte persone vicino a noi. In lui abbiamo riconosciuto l’amico, il vicino di casa scomparso improvvisamente, lasciando dietro sé dolore e smarrimento per una vita talmente effimera che le cose importanti vengono offuscate da perdite di tempo senza alcun senso.
Caro Vialli, il tuo desiderio è esaudito: sei stato il faro quotidiano di persone come Giovanni, che almeno hanno vissuto il loro ultimo anno senza perdere la speranza. L’ho capito l’ultima volta che l’ho visto. Aveva gli occhi chiusi e quel sorriso di chi, fino alla fine, ha saputo ironizzare su questa vita fantastica e dolorosa. Sempre con la battuta pronta.
di Daniel Bulla
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