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Giustizia e numeri

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I numeri servono a rendere più solidi e concreti i ragionamenti e i punti di vista in un confronto. A maggior ragione quando si affrontano temi delicati come l’amministrazione della giustizia

Giustizia

Giustizia e numeri

I numeri servono a rendere più solidi e concreti i ragionamenti e i punti di vista in un confronto. A maggior ragione quando si affrontano temi delicati come l’amministrazione della giustizia

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Giustizia e numeri

I numeri servono a rendere più solidi e concreti i ragionamenti e i punti di vista in un confronto. A maggior ragione quando si affrontano temi delicati come l’amministrazione della giustizia

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I numeri servono a rendere più solidi e concreti i ragionamenti e i punti di vista in un confronto. A maggior ragione quando si affrontano temi delicati come l’amministrazione della giustizia. Il problema è che chi dovrebbe metterli a disposizione non è sempre così solerte nel farlo. Prendi i dati sugli errori giudiziari: sono fermi al 2022 e non c’è verso di ottenere aggiornamenti né tantomeno il dettaglio per distretto d’appello. Oppure quelli sulle percentuali di accoglimento delle richieste di misure cautelari, anch’essi primule rosse delle statistiche giudiziarie.

Deve sorprendere in positivo la notizia che il ministro della Giustizia in persona abbia reso noto alcuni dati particolarmente significativi

Per questo deve sorprendere in positivo la notizia che il ministro della Giustizia in persona abbia reso noto nei giorni scorsi alcuni dati particolarmente significativi di questi tempi: quante volte le richieste dei pm relative alle intercettazioni (ambientali e telefoniche) sono state accolte dai gip. Certo, c’è voluta un’interrogazione parlamentare (del deputato Enrico Costa) al ministro Carlo Nordio. Ma il risultato non cambia: ora possiamo finalmente basare su dati certi quelle che fino a ieri apparivano soltanto ipotesi fondate su preconcetti.

E allora vediamoli, questi dati. Lo scorso anno i gip hanno accolto il 94% delle richieste dei pm di procedere a intercettazioni, il 99% di quelle per prorogarle e il 95% di quelle per captazioni da disporre d’urgenza. Davanti a numeri del genere diventa lecito dubitare che, ogni volta, i giudici per le indagini preliminari abbiano davvero adempiuto alle loro funzioni di ‘filtro’: valutando la reale fondatezza della notizia di reato, l’esistenza di gravi indizi, l’assoluta indispensabilità dell’intercettazione per la prosecuzione delle indagini. Tutti elementi richiesti dalla legge.

Il lavoro dei gip si trasforma in un via libera pressoché automatico alle richieste della Procura che indaga

E diventa inevitabile pensare che, nella stragrande maggioranza dei casi, il lavoro dei gip si trasformi in un via libera pressoché automatico alle richieste della Procura che indaga. Con il risultato – restando alle sole intercettazioni – che la spesa lievita (270 milioni di euro nel 2024, siamo il Paese civile che ne fa di più al mondo). Se ci aggiungiamo poi che i giudici dell’udienza preliminare accolgono le richieste di rinvio a giudizio nel 90% dei casi, si capisce la portata del problema. Un bel calcione negli stinchi del principio costituzionale che vorrebbe il ‘giudice terzo’.

Che succede ora? I magistrati che fino a ieri si mostravano offesi e anzi scandalizzati se anche solo si accennava a questa tendenza all’appiattimento di gip e gup nei confronti dei pm, cambieranno posizione? Altamente improbabile. Per dire: un attimo dopo la diffusione di quei dati, il procuratore della Repubblica di Bari li ha definiti «falsi». Un po’ come chi, non sapendo dove nascondersi in una stanza illuminata e priva del minimo riparo, chiuda gli occhi nella speranza di non essere visto.

di Valentino Maimone

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