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Bambini ucraini nelle scuole italiane

I bambini ucraini sono più avanti dei nostri

I 17mila bambini e ragazzi ucraini accolti nelle nostre scuole sembrano avere una marcia in più, soprattutto nelle discipline matematiche e linguistiche. Un ulteriore valore aggiunto al nostro modo di fare scuola.

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I bambini ucraini sono più avanti dei nostri

I 17mila bambini e ragazzi ucraini accolti nelle nostre scuole sembrano avere una marcia in più, soprattutto nelle discipline matematiche e linguistiche. Un ulteriore valore aggiunto al nostro modo di fare scuola.

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I bambini ucraini sono più avanti dei nostri

I 17mila bambini e ragazzi ucraini accolti nelle nostre scuole sembrano avere una marcia in più, soprattutto nelle discipline matematiche e linguistiche. Un ulteriore valore aggiunto al nostro modo di fare scuola.

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I 17mila bambini e ragazzi ucraini accolti nelle nostre scuole sembrano avere una marcia in più, soprattutto nelle discipline matematiche e linguistiche. Un ulteriore valore aggiunto al nostro modo di fare scuola.

Quando arriva uno studente straniero è facile aspettarsi che abbia difficoltà rispetto al resto della classe. Invece sorprende, ed è una bella sorpresa, quello che sta accadendo con i bambini e i ragazzi fuggiti dalla guerra in Ucraina: oltre 17mila già inseriti nelle nostre scuole, soprattutto in Lombardia, Campania ed Emilia-Romagna.

Accade dunque che questi ragazzi dimostrino un livello di preparazione superiore a quello dei nostri studenti. In particolare, sembrano essere un anno avanti per quanto riguarda la matematica. Ma conoscono decisamente meglio dei nostri anche l’inglese, e questa in realtà non è una vera sorpresa perché noi italiani non brilliamo certo nella conoscenza delle lingue straniere.

Il racconto dei docenti è simile anche in Francia: anche lì questi bimbi fuggiti dalla guerra, lungi dall’avere difficoltà che pur sarebbero comprensibili, paiono avere una marcia in più. Un’altra ragione per considerarli una ricchezza, un valore aggiunto e uno stimolo anche per i nostri ragazzi e il nostro modo di far scuola.

  di Annalisa Grandi

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