Il canto della cicala, colonna sonora dell’estate
Molto semplice: la cicala vuole fare sesso, da mattina a sera. Ecco perché sfrigola parti del proprio addome utilizzandole come una sorta di pettine sonoro
Il canto della cicala, colonna sonora dell’estate
Molto semplice: la cicala vuole fare sesso, da mattina a sera. Ecco perché sfrigola parti del proprio addome utilizzandole come una sorta di pettine sonoro
Il canto della cicala, colonna sonora dell’estate
Molto semplice: la cicala vuole fare sesso, da mattina a sera. Ecco perché sfrigola parti del proprio addome utilizzandole come una sorta di pettine sonoro
Molto semplice: la cicala vuole fare sesso, da mattina a sera. Ecco perché sfrigola parti del proprio addome utilizzandole come una sorta di pettine sonoro
È il suono ufficiale dell’estate. Una sorta di mantra metallico, ipnotico e inarrestabile, un magma sonoro che dialoga con il giorno e accompagna il mondo fino alla quiete serale. Lo senti – nitido e avviluppante – nelle campagne solitarie, al mare, anche nelle città ingiallite e già un po’ sfollate. È il canto delle cicale. Segno che l’estate è arrivata a maturazione. Segno che la temperatura del rumore, al contrario di quella del termometro, si è abbassata di qualche grado. Un suono familiare, per molti fastidioso e per altri di grande compagnia, prodotto da esseri un po’ demoniaci, quasi invisibili. Per guardare negli occhi una cicala ci vuole impegno. Non è un insetto particolarmente avvenente (questione di gusti). Si mimetizza col tronco o con il ramo degli alberi che frequenta e di cui succhia la linfa per nutrirsi; una sorta di vampira che ha vissuto sottoterra buona parte della sua vita (dai 7 ai 17 anni, a seconda della specie) e ora è risorta.
Certo, il buon Esopo non le ha fatto grande pubblicità: la memoria collettiva di mezzo mondo si trascina dentro la narrazione che la vuole buontempona, irresponsabile, vuotamente gaudente, unicamente canterina. Unica destinazione: la morte per fame. Non è proprio così. Nella tradizione mitologica greca il canto della cicala era associato alla celebrazione della vita e dell’arte. Diventare cicala era un regalo fatto agli uomini e alle donne dalle Muse. L’amore per la musica, per il suono era il requisito minimo per ambire a trasformarsi nel musicale insetto e molti lo desideravano. Nella cultura cinese la loro presenza garantirebbe prosperità e salute. Noi occidentali – abituati al rumore bianco, alle radio non sintonizzate, ai lavori in corso e al caos di clacson e spot– accogliamo la cicala e il suo suono come una monotona base karaoke da riempire con i nostri discorsi quotidiani, chiedendoci poi cosa avranno le cicale da dirsi con tutto quel chiacchiericcio (scientificamente: frinire o stridulazione).
Molto semplice: le cicale vogliono fare sesso, da mattina a sera. Ecco perché sfrigolano parti del loro addome utilizzandole come una sorta di pettine sonoro. Ognuna col proprio suono, ognuna con la propria frequenza. E mentre noi facciamo scivolare il giorno passandoci sul collo salviettine imbevute, sovralimentando i condizionatori d’aria, succhiando ghiaccioli o lamentandoci della canizie e della politica, della suocera e della Nazionale, loro iniziano questo incredibile ‘gospel del sesso’ reclamando in maniera ossessiva la presenza di un partner, musica programmata per tutto il giorno.
È solo un battito d’ali. L’estate dura poco così come la vita da vampire ‘risorte’ delle cicale (un mese circa). «Quando canta la cicala, tutto nel mondo è chiaro e fermo» scriveva Pier Paolo Pasolini. La sua esistenza è metafora di trasformazione e rinnovazione, che dalle tenebre tende alla luce attraverso la gioia dei sensi. Rodari diede così a Esopo il proprio punto di vista: «Chiedo scusa alla favola antica / se non mi piace l’avara formica / io sto dalla parte della cicala / che il più bel canto non vende… regala!». Buona estate.
di McGraffio
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