Il contrappasso di Conte
Giuseppe Conte “condannato” per quei giorni di vacanza a Cortina d’Ampezzo
| Società
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Giuseppe Conte “condannato” per quei giorni di vacanza a Cortina d’Ampezzo
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Giuseppe Conte “condannato” per quei giorni di vacanza a Cortina d’Ampezzo
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Giuseppe Conte “condannato” per quei giorni di vacanza a Cortina d’Ampezzo
Era solo questione di tempo, prima che gli ultimi mesi di accanita lotta populista gli si rivoltassero contro: sono bastati pochi giorni a Cortina d’Ampezzo, per “condannare” Giuseppe Conte a un’ordalia social per aver osato trascorrere una breve vacanza nella “Perla delle Dolomiti”.
È l’ipocrisia dei nostri tempi, è la legge non scritta del moralismo bacchettone via tweet e Instagram, secondo il quale se puoi permetterti una bell’automobile o un bell’albergo faresti bene a nasconderlo e far circolare foto rigorosamente taroccate di macinini improbabili o residenze nella migliore delle ipotesi men che modeste. Solo così – secondo i bacchettoni dal dito caldo social – si è autorizzati a parlare di economia, lavoro, povertà, formazione, lavoro nero, eccetera.
È improbabile che Giuseppe Conte se lo ricordi, quando fra poche ore riprenderà a bombardare governo e avversari politici in difesa del fallimentare reddito di cittadinanza. Sarebbe auspicabile che le ridicole intemerate contro il leader del Movimento Cinque Stelle lo inducessero a ripensare il valore e il pericolo delle tirate populiste e del moralismo un tanto al chilo, ma non ce la sentiremmo di scommetterci più di tanto.
Perché la lotta in difesa del reddito di cittadinanza resta dai grandi dividendi politici, un’autostrada del consenso facile-facile, il passepartout da sbandierare in difesa dei “dimenticati“ e degli “oppressi“.
Vorremmo sbagliarci, ma crediamo che Conte sopporterà stoicamente qualche giorno di buriana e qualche stilettata per un bell’albergo e un flash di bella vita, pur di poter restare saldamente in sella alla politica delle rivendicazioni.
Comunque sia, resta tutta la nostra difesa del weekend sulla neve dell’avvocato che si fece presidente e leader politico, perché non ne possiamo più di questo moralismo di terza categoria, di questa invidia sociale insopportabilmente cafona.
Lottiamo contro il provvedimento sbagliato, contro un’idea di lavoro e di formazione che non funzionano e hanno mostrato di creare guasti in lungo e in largo, non lottiamo contro le persone, le loro famiglie, i loro affetti, i loro hobby, le loro passioni, il frutto del loro lavoro.
Questa è roba da perdenti, da leoni spelacchiati da tastiera che vivono – come cantò qualcuno – vite di sponda.
Di Fulvio Giuliani
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