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Il costo di un neonato

Secondo un recente studio Federconsumatori, il costo di un neonato può arrivare fino a 17mila euro l’anno. Noi proviamo a ribaltare le cose con ottimismo
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Come le fastidiose zanzare che tornano puntualmente a tormentarci in questo periodo dell’anno, si ripresentano – più o meno con la stessa cadenza e producendo altrettanto fastidio – quegli studi che pretendono di rivelarci quanto costi allevare un figlio. L’ultimo in ordine di tempo è stato elaborato da Federconsumatori, associazione la cui missione è quella di rappresentare e tutelare la categoria.

In un periodo di denatalità sconfortante, chiunque avesse a cuore il destino dei consumatori (ovvero di noi tutti) mai si sognerebbe di pubblicare una ricerca come quella apparsa l’altro giorno sui principali organi di stampa. Sostiene infatti che un bambino nel suo primo anno di vita verrebbe a costare una cifra compresa tra i 7 e i 17mila euro. Colpisce subito l’ampia forchetta che tutto fa pensare tranne che alla rappresentazione di un range ragionevole, prerogativa di uno studio statistico. Piuttosto sembra che qui sia stato considerato anche il singolo caso, come quello del piccolo bisognoso di cure speciali.

Chiunque abbia un figlio sa bene che un bambino, soprattutto nel suo primo anno di vita, non rappresenta una voce di spesa importante. I problemi semmai arrivano dopo, quando va iscritto alle attività extra scolastiche oppure ai campus estivi per sopperire a uno stop scolastico lungo tre mesi. Quelli sì che son dolori. Fino a prova contraria un neonato si limita a nutrirsi, a dormire e a espletare tutte quelle funzioni fisiologiche che (grazie al cielo) sono ancora gratuite. Poi, certo, uno può anche decidere di comperare i pannolini sempre in farmacia, ignorando quelle che sono le promozioni della grande distribuzione.

Inoltre, nella maggior parte dei casi i piccoli vengono allattati al seno. Veniamo ora alle spese che proprio non si possono evitare: il lettino e il set composto da passeggino, carrozzina e ovetto. Chi l’ha detto che debbano essere nuovi di zecca (affidarsi alla rete familiare e degli amici non soltanto non è un male, ma è molto frequente) e di un marchio noto? Quanto al nido, molte mamme preferiscono usufruire della maternità facoltativa fino al primo anno del bebè e quando vi rinunciano la retta è commisurata all’Isee (sempre quando sia dovuta e non ci siano bonus regionali a sostegno del reddito).

Gli aumenti ci sono stati, inutile negarlo e qui non si vuole innescare una polemica fine a sé stessa, ma sentiamo il dovere di dare un’iniezione di fiducia a quella fascia di età che magari sarebbe anche pronta a fare un figlio. Detto che il giorno in cui decideremo se avere o non avere un bambino soltanto su base economica avremo un bel problema, messi davanti a una ricerca che ‘spara’ cifre così elevate si rischia come minimo di rinviare. A discapito di tutti.

di Ilaria Cuzzolin

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