Il ricordo vivo di Liliana Segre
Il discorso di Liliana Segre al Memoriale della Shoah di Milano. La senatrice a vita ha ricordato l’orrore di quel periodo
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Il discorso di Liliana Segre al Memoriale della Shoah di Milano. La senatrice a vita ha ricordato l’orrore di quel periodo
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Il discorso di Liliana Segre al Memoriale della Shoah di Milano. La senatrice a vita ha ricordato l’orrore di quel periodo
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Il discorso di Liliana Segre al Memoriale della Shoah di Milano. La senatrice a vita ha ricordato l’orrore di quel periodo
In sottofondo il rumore dei treni e basta un attimo per tornare indietro nel tempo e immaginare che da quegli stessi binari partirono i mezzi che trasportarono un numero ancora indefinito di cittadini italiani ebrei, deportati nei campi di concentramento della Germania nazista, primo fra tutti quello di Auschwitz. Rumore che ha fatto da cupa colonna sonora al discorso di giovedì della senatrice a vita Liliana Segre al Memoriale della Shoah di Milano. Occasione, la presentazione dell’esposizione dei fascicoli della Cittadella degli Archivi relativi al censimento degli ebrei del 1938, infame conseguenza dell’imperitura vergogna delle leggi razziali.
Un momento estremamente delicato per la senatrice, che ha ricordato l’orrore di quel periodo, sottolineando la poca conoscenza del reale numero dei cittadini italiani ebrei deportati in quegli anni. Può apparire incredibile, ma ancora oggi «quasi nessuno lo sa, eppure l’ho chiesto tante volte» sottolinea Liliana Segre. «Quasi mi ‘diverto’ a interrogare laureati, professori e ministri su quanti fossero i cittadini italiani di religione ebraica a quel tempo e quanti ne siano rimasti oggi. Mi sento rispondere un milione, 500mila e io dico: no, molti di meno. Si raggiungevano circa le 40mila persone allora e più o meno anche adesso. Andrebbe detto e ripetuto, perché è la verità. Numeri che la gente non conosce, un’ignoranza spaventosa che ha portato a quell’antisemitismo che ho conosciuto a soli otto anni. Sono stata invisibile per anni, per tanto tempo – ha continuato Segre durante il suo discorso al Memoriale – e devo dire che allora nessuno mi consolò. Anzi quel vergognoso censimento ha fatto di me una bambina paradossalmente troppo visibile». Il ricordo di quegli anni si fa vivido, ma ancora di più la voglia di rendere ‘popolare’ un luogo troppo poco visitato: «A 92 anni sono una delle pochissime sopravvissute in vita. Per questo torno al Memoriale della Shoah. Per me è sempre molto emozionante e desidero diventi conosciutissimo, almeno dai milanesi. Perché quando non avevo la scorta – sottolinea la senatrice, con quella stupefacente capacità di trasmettere lucidamente i più grandi messaggi – prendevo un taxi per venire a visitare il Memoriale e neppure i tassisti sapevano cosa fosse questo luogo. Se non conoscono i tassisti l’itinerario per arrivare al Memoriale di Milano, come si può pensare che possano saperlo i cittadini?».
Liliana Segre incalza e alza di un tono la voce, per poi abbassarla di nuovo – quasi a sottolineare l’amarezza – e indicare uno dei motivi per cui ancora oggi quel luogo resta così poco conosciuto: «Dalle Ferrovie dello Stato non siamo mai riusciti ad avere nemmeno un cartello che indicasse che sotto la Stazione centrale di Milano si trovi il Memoriale della Shoah: una delle poche testimonianze storiche italiane ancora presenti. Un luogo che andrebbe visitato in silenzio, come quando si è al cospetto delle opere d’arte ed è lo spirito a parlare. Qui, in realtà, lo spirito grida. Proprio da questo luogo donne, bambini (come quei bimbi che oggi muoiono in Ucraina), anziani e uomini colpevoli di essere ebrei vennero deportati e una volta arrivati a destinazione uccisi immediatamente. Non ci sono parole per descrivere questo posto».
La senatrice scandisce: «Quando non ci saranno più i figli di chi è stato deportato o i loro nipoti, della Shoah resterà solo qualche riga nei libri. Verrà dimenticata, così come tanti altri eventi importanti della nostra storia». È nostra precisa responsabilità fare in modo che questo non accada, come scrisse Primo Levi: «Chi dimentica il proprio passato è condannato a riviverlo». Ed è già sconvolgente che una donna di 92 anni, reduce dai campi di concentramento, sia stata posta sotto la protezione delle forze dell’ordine (che vivono questo compito come una missione quasi sacra). «Per puro odio antisemita –conclude Liliana Segre – e questo credo sia una grande vergogna del mondo che mi circonda».
Di Claudia Burgio
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