Il dramma di Assago
Il dramma di Assago
Il dramma di Assago
«Pensavo di essere malato, ho visto tutte quelle persone felici e ho provato invidia». Non è malato, Andrea Tombolini, non nel corpo. Il 46enne che giovedì sera ad Assago ha preso un coltello dal reparto casalinghi del supermercato e ha iniziato a colpire a casaccio, solo dieci giorni fa era stato ricoverato dopo una crisi in cui aveva iniziato a prendersi a pugni in faccia e in testa. Un gesto autolesivo, a cui ne è seguito uno ben più grave. Ha ferito cinque persone, una è morta. Così, in pochi minuti. Senza essere stato mai violento prima. Eppure che qualcosa non andasse era evidente, c’è chi ha usato per lui il termine “hikikomori”, che sta a indicare quelle persone che vivono praticamente recluse in casa e rifuggono i contatti sociali.
La tragica vicenda conferma l’estrema attualità del tema della salute mentale. E in particolare della gestione di coloro che manifestano un disagio psichico. Dopo la legge Basaglia e la chiusura dei manicomi, quelli presi in carico dai Centri di igiene mentale vengono seguiti con ricoveri e terapie farmacologiche, insieme a programmi di reinserimento qualora possibili. I numeri però sono rilevanti: nel rapporto reso noto a marzo scorso e che raggruppa i dati raccolti dai Sistema informativo per la salute mentale al 2020, gli utenti psichiatrici seguiti dai servizi specialistici in Italia erano oltre 728mila, quasi il 70% di età superiore ai 49 anni. Il problema è quello che succede una volta fuori dal circuito di assistenza: quando i malati rientrano in famiglia. Perché la gestione ricade per molta parte del tempo proprio su coloro che hanno un legame affettivo con queste persone. E quindi alle volte la tendenza a sottovalutare le problematiche o a pensare di poterle gestire. Inoltre la terapia farmacologica tiene sì sotto controllo le crisi, ma i farmaci hanno importanti effetti collaterali oltre a generare dipendenza. Neanche quelli, di fatto, risolvono il problema. Di più, quello che caratterizza molta parte di chi ha questo genere di disturbi è proprio una estrema imprevedibilità. Non sempre un’esplosione di violenza è preceduta da altri episodi simili, sempre però vi sono segnali chiari dei disturbi che affliggono queste persone.
Restiamo sconcertati da quello che è accaduto ad Assago così come molte altre volte che abbiamo letto di episodi di questo tipo. Eppure viene inevitabile domandarsi anche se qualcosa poteva essere fatto, per impedire tutto questo. Sicuramente il primo imperativo, per tutti, è imparare a non sottovalutare.
Di Annalisa GrandiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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