Il lavoro e le polemiche inutilissime
| Società
Dopo Elisabetta Franchi ora nell’occhio del ciclone le dichiarazioni di Tiziana Fausti. Quello di cui abbiamo bisogno, invece, è passione per la ricerca dei talenti, formazione e l’inclusione di donne e ragazzi.

Il lavoro e le polemiche inutilissime
Dopo Elisabetta Franchi ora nell’occhio del ciclone le dichiarazioni di Tiziana Fausti. Quello di cui abbiamo bisogno, invece, è passione per la ricerca dei talenti, formazione e l’inclusione di donne e ragazzi.
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Il lavoro e le polemiche inutilissime
Dopo Elisabetta Franchi ora nell’occhio del ciclone le dichiarazioni di Tiziana Fausti. Quello di cui abbiamo bisogno, invece, è passione per la ricerca dei talenti, formazione e l’inclusione di donne e ragazzi.
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Un’altra imprenditrice della moda, Tiziana Fausti, è finita nell’occhio del ciclone per aver accusato i lavoratori più giovani – in sostanza – di non aver voglia di lavorare. Di chiedere garanzie su straordinari e fine settimana liberi, prima ancora di aver avuto modo di dimostrare le proprie capacità, i propri talenti e la voglia di ascoltare e imparare.
Un’altra bufera inevitabile è un po’ inutile, dopo quella inarrivabile di Elisabetta Franchi.
Viviamo un’epoca in cui rapporto tra lavoratori (soprattutto giovani, ma non solo) e lavoro sta cambiando sotto i nostri occhi, imponendoci di riflettere su come incrociare domanda e offerta e sui modelli di formazione e motivazione. Sollevare il problema delle centinaia di migliaia di posizioni destinate a restare scoperte in Italia – dalle più generiche alle più specializzate – non è solo uno spunto giornalistico, ma un sacrosanto dovere per chiunque abbia a cuore il futuro del Paese. Rifugiarsi dietro una generica “difesa“ dei ragazzi stritolati dai meccanismi del lavoro moderno è sommamente miope, oltre che cinico. Così come cedere alle provocazioni dialettiche fini a se stesse delle ultime settimane e a cui abbiamo accennato in apertura.
Imprenditori e manager abbagliati a tutt’oggi da metodologie di selezione e gestione del personale anni ‘90 non sono solo vagamente inquietanti, ma pericolosamente incapaci di fare il bene della propria azienda. Oltre che una jattura in termini di immagine.
Saper leggere la realtà che ci circonda, viceversa, riconoscere le mutate esigenze dei lavoratori e sfruttarle per generare un ambiente sano, moderno, competitivo, ma al contempo inclusivo e formativo, dovrebbe essere il primo obiettivo di chi è a capo di un’azienda. Il leader, oggi più che mai, deve essere un motivatore, un formatore, capace innanzitutto di coinvolgere. Pensare di raggiungere grandi risultati mettendo davanti a tutto sempre il proprio ego, le proprie ‘mirabolanti’ imprese fa semplicemente ridere. O piangere.
Spinge i migliori a scappare a gambe levate, impoverendo l’impresa. Il grande fenomeno delle dimissioni è una realtà non solo americana, comincia a farsi sentire anche in Italia e non può che partire dai più talentuosi, sui quali si scatenerà presto una feroce competizione per accaparrarseli. Un monito per chi è in posizioni di responsabilità a non sentirsi arrivati (dove?), piuttosto ad avvertire la tremenda e meravigliosa responsabilità di indicare una strada ai più giovani.
Ciò che abbiamo trovato nell’intervista realizzata per La Ragione all’amministratore delegato di Microsoft Silvia Candiani. Riflessioni severe sul lavoro in Italia, alimentate da una passione per la ricerca dei talenti, la formazione, l’inclusione di donne e ragazzi. Dal senso del dovere verso l’azienda e il Paese.
Di Fulvio Giuliani
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