Il Liceo Manzoni e “quelli che ben pensano”
La protesta studentesca del Liceo Classico Manzoni di Milano ha generato un eco sproporzionato. La verità è che ci siamo disabituati ad una partecipazione politica giovanile. L’ascolto è sempre l’unica reazione plausibile.
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Il Liceo Manzoni e “quelli che ben pensano”
La protesta studentesca del Liceo Classico Manzoni di Milano ha generato un eco sproporzionato. La verità è che ci siamo disabituati ad una partecipazione politica giovanile. L’ascolto è sempre l’unica reazione plausibile.
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Il Liceo Manzoni e “quelli che ben pensano”
La protesta studentesca del Liceo Classico Manzoni di Milano ha generato un eco sproporzionato. La verità è che ci siamo disabituati ad una partecipazione politica giovanile. L’ascolto è sempre l’unica reazione plausibile.
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La protesta studentesca del Liceo Classico Manzoni di Milano ha generato un eco sproporzionato. La verità è che ci siamo disabituati ad una partecipazione politica giovanile. L’ascolto è sempre l’unica reazione plausibile.
Sarà l’indiscutibile abilità (e fortuna) di saper cogliere l’attimo, come il ritornare alla memoria di ben altre stagioni, sta di fatto che il moto spontaneo di protesta degli studenti del “Liceo classico Manzoni” di Milano ha generato un’eco del tutto sproporzionata al fatto in sé.
Anche volendo concentrarsi sull’“allarme democratico”, denunciato dai ragazzi per il semplice fatto che alle elezioni politiche si sia registrata una nettissima affermazione di Fratelli d’Italia, non si riesce in tutta onestà giustificare l’attenzione mediatica degli ultimi giorni. La verità è che ci siamo disabituati a una partecipazione giovanile in politica che non sia quella senza coloriture partitiche del Friday for Future e del movimento ambientalista generato dal carisma internazionale di Greta Thunberg. Una disabitudine che finisce per ingigantire realtà che un tempo sarebbero state al più un granello di fenomeni capaci di coinvolgere l’intero Paese e decine di migliaia di studenti.
Ecco perché, se non vogliamo ridurci a reagire come stagionati moralisti o altrettanto superati tifosi, bisogna parlare ai ragazzi prendendoli sempre sul serio ma anche per quello che sono. Ragazzi, appunto, a cui è profondamente ingiusto chiedere di sostituirsi – per esempio – a una sinistra cianotica, diventando il comodo bersaglio degli esagitati e soprattutto di chi in Italia non manca mai: i saltatori sul carro del vincitore. Che dei ragazzi protestino è una benedizione e che facciano un po’ di casino non deve impressionare, a cominciare dai temi che ormai appassionano sempre di meno (dati di affluenza alla mano) i loro genitori. Impallinarli sulla pubblica piazza solo perché hanno osato farlo è troppo facile, come riscoprire improvvisamente la grande severità a scuola, con tanto di minaccia di 5 in condotta.
Se vogliamo provare a essere adulti consapevoli delle responsabilità connesse all’età e all’esperienza, cominciamo dallo sfidare questi ragazzi – partendo proprio da quelli del “Liceo classico Manzoni” di Milano – a un confronto più articolato, serio e complesso della semplice protesta. Alzare la voce, come scritto, è sacrosanto, soprattutto nell’età della formazione. La differenza, però, la si fa strutturando una capacità di analisi e di proposta, senza paura di apparire barbosi o ‘vecchi’.
I ragazzi non sono per nulla scontati e lo hanno dimostrato, secondo le analisi del voto, scegliendo in modo radicalmente diverso rispetto al mondo degli adulti. Questo non significa che un voto sia migliore di un altro, ovviamente, ma solo che i più giovani pensano con la propria testa e che è fuorviante e offensivo identificarli come una massa informe dedita alla Trap e a TikTok. Se dovessimo giudicare i loro genitori dalle passioni, del resto, potremmo in tanti casi chiuderla anche qui.
Questo, dunque, è un appello ai ragazzi del Manzoni: se volete parlare del Paese che ci aspetta, accettando un confronto e anche le eventuali critiche di adulti non necessariamente interessati a scimmiottarvi, noi siamo qui. Pronti ad ascoltarvi, ma anche a farvi ascoltare.
di Fulvio Giuliani
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