
Il mondo di niente
Stupro Palermo, come hanno potuto essere così spietati quei ragazzi? Un branco non è solo male che si spalleggia ma frutto di un fallimento collettivo. Genitori e scuola compresi
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Stupro Palermo, come hanno potuto essere così spietati quei ragazzi? Un branco non è solo male che si spalleggia ma frutto di un fallimento collettivo. Genitori e scuola compresi
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Stupro Palermo, come hanno potuto essere così spietati quei ragazzi? Un branco non è solo male che si spalleggia ma frutto di un fallimento collettivo. Genitori e scuola compresi
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Stupro Palermo, come hanno potuto essere così spietati quei ragazzi? Un branco non è solo male che si spalleggia ma frutto di un fallimento collettivo. Genitori e scuola compresi
Come è possibile? Come hanno potuto essere così spietati quei ragazzi? Domande angoscianti per chi non si rassegna alla notte delle coscienze e dell’educazione.
Perché un branco non è solo il male che si spalleggia, è il frutto di un fallimento collettivo. Di famiglie, genitori, amici, scuola.
Nessuno può dirsi innocente fino in fondo, se un gruppo di ragazzi pensa di compiere un atto così abietto come quello di Palermo e persino di filmarlo, di vantarsene.
Vorremmo poter parlare non solo e non tanto con loro, ma con i genitori. Cosa avranno pensato? Avranno riflettuto sul loro fallimento o a vincere – come è emerso nei giorni immediatamente successivi lo stupro di gruppo – l’urgenza è stata quella di distinguere, coprire, salvare il salvabile? Non far prendere coscienza di quanto fatto, per emergere da questo schifo con una speranza di recuperare le vite dei propri figli.
Ancora una volta, invece, sono apparsi attenti solo a difendere l’indifendibile. La parabola del minore, scarcerato, affidato a una comunità e poi riportato dietro le sbarre dopo agghiaccianti dichiarazioni denota il nulla in cui sembrano essere cresciuti e pasciuti.
Gli stessi racconti della serata della violenza sono terrificanti: tutto deve ancora essere chiarito e confermato, ma sembra emergere una leggerezza sconvolgente – se non peggio – anche da parte dei comprimari di questa storia orrenda. Come chi in qualche misura avrebbe accettato di far bere la ragazza oltre ogni misura, prudenza e logica. “Poi ci pensiamo noi”, dicevano ridendo… E quell’adulto che ascolta una frase del genere cosa fa? Si gira dall’altra parte e riesce ancora a prender sonno la sera?
Che mondo è diventato questo? Dobbiamo chiedercelo, per la vittima di questo orrore, ma anche per ciascuno di noi. Perché non stiamo parlando di alieni, di “mostri“.
Definizione sempre molto comoda per allontanare da sé l’idea che qualcosa o qualcuno di così ributtante possa essere vicino alla nostra vita, al nostro mondo. Non sono “mostri”, sono abiette nullità cresciute in case e famiglie apparentemente “normali”. Un mondo che non può restare immune da una sanzione sociale durissima e da domande molto scomode.
di Fulvio Giuliani
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