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Il nuovo politicamente corretto: anche le cose si offendono?

Il nuovo politicamente corretto vede sessismo-razzismo-discriminazione anche nel modo in cui parliamo di oggetti inanimati.
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Il nuovo politicamente corretto: anche le cose si offendono?

Il nuovo politicamente corretto vede sessismo-razzismo-discriminazione anche nel modo in cui parliamo di oggetti inanimati.
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Il nuovo politicamente corretto: anche le cose si offendono?

Il nuovo politicamente corretto vede sessismo-razzismo-discriminazione anche nel modo in cui parliamo di oggetti inanimati.
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Il nuovo politicamente corretto vede sessismo-razzismo-discriminazione anche nel modo in cui parliamo di oggetti inanimati.

Supponete di essere un tecnico del suono e di stare armeggiando con un amplificatore, perché dovete collegarlo a una cassa acustica. Vi rivolgete al vostro aiutante e gli dite: «Passami il cavo con il jack maschio». Oppure: «Non trovo il jack femmina, l’hai preso tu?». Qualcuno può offendersi? Può accusarvi di sessismo? O di usare un linguaggio irrispettoso o poco inclusivo? Ovviamente no. Operai e tecnici del suono sono persone concrete, da almeno 70 anni maneggiano jack (spinotti) e nessuno si è mai turbato sentendo parlare di jackmaschio e jack femmina. Almeno in Italia. Ma supponete di essere negli Stati Uniti. L’associazione americana dei produttori di materiali audio (Pama) ha pensato che, al giorno d’oggi, non si poteva continuare a parlare in questo modo. E ha dato le sue direttive: d’ora in poi, in uno «spirito di inclusività e coerenza», il jack maschio sarà chiamato plug (spina), quello femmina socket (presa). E chi dovesse ancora parlare di jack maschio e jack femmina sarà guardato di brutto.

Anziché affrontare i problemi concreti del settore, dai salari alle condizioni di lavoro, l’associazione dei produttori di materiali audio preferisce occuparsi di come operai e tecnici parlano dei cavi che maneggiano. E non esita a pavoneggiarsi della propria virtù. Karrie Keyes, direttrice esecutiva delle “ragazze del suono” (SoundGirls), non riesce a nascondere la sua soddisfazione per le nuove regole promosse dall’associazione dei produttori audio. Deve però ammettere che la strada è ancora lunga: «Un plauso per Pama che cerca di introdurre un linguaggio neutro nell’industria audio. È un’impresa enorme, ma bisogna continuare a lavorare per portare cambiamenti significativi in questo settore».

La cosa interessante di questo caso è che non riguarda la tutela della sensibilità delle persone, di cui si occupava il politicamente corretto delle origini. Il nuovo politicamente corretto vede sessismo-razzismo-discriminazione anche nel modo in cui parliamo di oggetti inanimati. Per i suoi miliziani la sorveglianza sulla correttezza del linguaggio deve essere totale, la punizione e rieducazione dei reprobi devono essere puntuali, sistematiche. E infatti la scure si abbatte non solo sugli innocenti jack ma anche sui dispositivi elettronici e sui computer, dove da sempre si è parlato di architettura master-slave per caratterizzare un sistema con un dispositivo principale e uno ausiliario. D’ora in poi – per evitare di evocare il colonialismo, la schiavitù, l’oppressione dei neri – gli ingegneri e i tecnici dovranno ingegnarsi a trovare dicotomie alternative, più democratiche e inclusive: primary/secondary, main/subordinate, director/performer, leader/follower e così via.

Osservazione finale: se soldi, energie, personale, sforzi di comunicazione vengono spesi per togliere dalla circolazione espressioni come jack maschio, jack femmina e architettura master-slave, non stupisce che buona parte dei marxisti e tante femministe considerino le ossessioni linguistiche del politicamente corretto come un’arma di distrazione di massa, che permette all’establishment capitalista di distogliere l’attenzione della gente dalle vere diseguaglianze e dalle reali discriminazioni che ancora affliggono il nostro mondo.

di Luca Ricolfi

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