Il virus della ‘pensionite’
C’è un nuovo virus che circola in Italia: la ‘pensionite’, quell’aspirazione dei giovani di voler andare in pensione ancor prima di cominciare a lavorare. Ma la colpa di chi è?
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Il virus della ‘pensionite’
C’è un nuovo virus che circola in Italia: la ‘pensionite’, quell’aspirazione dei giovani di voler andare in pensione ancor prima di cominciare a lavorare. Ma la colpa di chi è?
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C’è un nuovo virus che circola in Italia: la ‘pensionite’, quell’aspirazione dei giovani di voler andare in pensione ancor prima di cominciare a lavorare. Ma la colpa di chi è?
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C’è un nuovo virus che circola in Italia: la ‘pensionite’, quell’aspirazione dei giovani di voler andare in pensione ancor prima di cominciare a lavorare. Ma la colpa di chi è?
Secondo un Alla domanda cosa vuoi fare da grande la risposta più frequente è “andare in pensione”Non abbiamo fatto un’indagine con tutti i crismi. E quindi non seguiamo l’esempio dei talk show che intervistano persone in condizioni disagiate (la loro specialità sono i pensionati con trattamenti integrati al minimo), non limitandosi a segnalare casi di indigenza ma lasciando capire come la grande maggioranza della popolazione sia povera in canna (nonostante tutti i dati, da Bankitalia a Eurostat, provino il contrario).
Il nostro è stato un sondaggio di nonni che hanno interpellato i nipoti: «Cosa vuoi fare da grande?». Una domanda che nel tempo gli anziani hanno rivolto ai ragazzi per sentirsi fieri delle loro ambizioni (anche per i nonni vale il principio dello “Scarrafone” di Pino Daniele). Niente “Sam il pompiere”, ingegneri, ballerine, hostess. L’aspirazione più diffusa fra i loro discendenti è stata: «Andare in pensione».
Proprio così, il virus della “pensionite” ha seguito il ciclo del Covid-19: prima ha contaminato gli anziani e poi è arrivato fino ai bambini, passando per i giovani che entrano nel mercato del lavoro, molti dei quali al momento dell’assunzione chiedono ai responsabili delle risorse umane quando potranno andare in quiescenza. Del resto l’Italia è un Paese di anziani ancora giovani, in pensione da anni e destinati a restare in tale condizione per almeno un ventennio con un ulteriore periodo di reversibilità alla signora che, di consueto, da vedova rifiorisce.
Cosa dire di questa propensione tutta italiana, che fra un po’ entrerà a far parte del Dna dei neonati? Siamo noi quelli che hanno dato l’esempio, mettendo le pensioni in cima ai nostri pensieri. Ecco perché dovremmo renderci conto del male che facciamo alle nuove generazioni diffondendo modelli diseducativi, oltre a lasciar loro in eredità un bel po’ di debiti. Basta osservare le rivendicazioni dei sindacati e i programmi di quasi tutti i partiti.
S’invocano e si promettono misure che anticipano ancora l’età pensionabile, in controtendenza con il declino demografico e con l’incremento delle attese di vita. Eppure già adesso sembra essere problematica la spesa derivante dalle norme per la rivalutazione automatica delle pensioni. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, ipotizzando un’inflazione superiore di due punti rispetto al 5,8% previsto nel Def per il 2022, la rivalutazione degli assegni costerà circa 32 miliardi nei prossimi tre anni (5,7 miliardi nel 2023, 11,2 nel 2024, 15,2 nel 2025) che andranno a beneficio degli oltre 16 milioni di pensionati.
Il conto? Sarà girato ai nipoti, su questo non c’è alcun dubbio.
di Giuliano Cazzola, Giovanna Guzzetti e Franco Vergnano
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