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ascensore sociale

L’ascensore sociale è diventato politico

In Italia studiare tanto e bene non basta più a prendere l’ascensore sociale. Molto meglio buttarsi in politica per fare carriera, magari lanciando qualche “Vaffa” qua e là. Del resto, in questi anni, di esempi ne abbiamo avuti tanti.
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L’ascensore sociale è diventato politico

In Italia studiare tanto e bene non basta più a prendere l’ascensore sociale. Molto meglio buttarsi in politica per fare carriera, magari lanciando qualche “Vaffa” qua e là. Del resto, in questi anni, di esempi ne abbiamo avuti tanti.
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L’ascensore sociale è diventato politico

In Italia studiare tanto e bene non basta più a prendere l’ascensore sociale. Molto meglio buttarsi in politica per fare carriera, magari lanciando qualche “Vaffa” qua e là. Del resto, in questi anni, di esempi ne abbiamo avuti tanti.
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In Italia studiare tanto e bene non basta più a prendere l’ascensore sociale. Molto meglio buttarsi in politica per fare carriera, magari lanciando qualche “Vaffa” qua e là. Del resto, in questi anni, di esempi ne abbiamo avuti tanti.
«Bimbo studia». Mia nonna, donna toscana di contado, aveva una deferenza pressoché assoluta per lo studio, non avendo mai avuto la possibilità di dedicarvisi. Lo considerava una grande opportunità (nel suo caso mancata) per mutare la propria condizione sociale e guardare a un futuro migliore. Se fosse viva oggi resterebbe a dir poco di stucco. In Italia studiare, e con profitto, non basta più a prendere l’ascensore sociale per salire. Il merito è frustrato da troppi lacci e lacciuoli, la cooptazione resta una zavorra novecentesca ma reale, molti giovani preparati se ne vanno all’estero se e quando possono e i due gangli fondamentali di una società libera e liberale – la scuola e l’università – non se la passano affatto bene. Meglio, molto meglio, al giorno d’oggi il buttarsi in politica per tentare di salire sull’ascensore sociale. In questi anni recenti, del resto, ne abbiamo avuti diversi esempi. Partiamo dal più eclatante, quello del grillismo. Con il successo elettorale del Movimento 5 Stelle molti giovani, uomini e donne, si sono trovati proiettati in un baleno dalla semplice quotidianità al Parlamento e poi al governo. Da Luigi Di Maio a Roberto Fico (per citarne due assai noti), l’ascensore sociale e di popolarità è stato entusiasmante. Anche il leghismo dell’Umberto Bossi prima maniera e pure quello successivo hanno incarnato un’occasione di far politica e, al tempo stesso, di ascesa nella scala sociale. Oggi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è forse l’esempio più forte di una donna che partendo dalla Garbatella, quartiere popolare di Roma, ha scommesso con volontà e impegno sulle proprie capacità e attitudini a far politica. Certo, in questo muoversi all’insù v’è pure il contrappasso di un ascensore che scende. È il caso di uomini e donne che, decidendo di far politica, si trovano a guadagnar meno di prima pur avendo ruoli e visibilità importanti e nazionali. Guido Crosetto e Carlo Calenda, per citarne un paio. Non si tratta qui però di fare un elenco ma piuttosto di prender atto di un Paese nel quale la mobilità sociale è relegata ormai a piccoli spicchi di mondo, di cui uno è certamente la politica. Recuperare oggi merito e mobilità sociale anche negli altri settori della nostra vita nazionale – cominciando da scuola e università – diventa perciò indispensabile. Se mia nonna fosse ancora qui, non potrebbe mai credere che un «Vaffanculo!» possa essere un viatico nel fare carriera. Di Massimiliano Lenzi

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