L’Istat, per l’ennesima volta, ci ha ricordato ieri come l’Italia sia un paese sempre più vecchio, nel vortice di un trend che appare ormai impossibile da invertire. E sarebbe un’autentica tragedia.
Nell’ultimo aggiornamento del censimento continuo, realizzato dal nostro Istituto di statistica, abbiamo perso altri 200.000 residenti a fine 2021, scendendo abbondantemente sotto i 60 milioni di abitanti. Anzi, restando di un soffio sopra quota 59 milioni.
Ciò che colpisce come un maglio sono gli oltre cinque anziani per ogni bambino (5,4 per la precisione), quando nel 1951 per ogni bimbo in Italia si contava meno di un anziano (erano 3,8 nel 2011). L’età media del paese è aumentata di tre anni, da 43 a 46, fra il 2011 e il 2021.
In un Paese sempre più per vecchi, che è arrivato a registrare il numero minimo di nascite dall’Unità a oggi, si registra un altro dato estremamente significativo: la netta diminuzione dei residenti stranieri. Nonostante la martellante polemica politica, la perdurante minaccia sbandierata di “invasioni”, per tacere delle “sostituzioni etniche” e altre amenità, la verità dei numeri è che di immigrati ce ne sono sempre di meno. Gli stranieri censiti sono 5.030.716 (-141.178 rispetto al 2020), con un’incidenza sulla popolazione totale di 8,5 stranieri ogni 100 residenti.
Eppure – basta parlare con qualsiasi imprenditore o manager a contatto con la realtà – proprio di immigrati abbiamo un disperato bisogno per consentire alle nostre filiere di restare competitive o semplicemente sul mercato. Solo che un Paese sempre meno attrattivo finisce per faticare a garantirsi persino la forza lavoro minima necessaria alle proprie aziende, che paradossalmente continuano a tirare magnificamente e a vivere un vero boom delle esportazioni.
In sintesi, viviamo uno strabismo insopportabile fra il dibattito pubblico e il nocciolo, la sostanza dei problemi di cui dovremmo occuparci ogni santo giorno. Ci perdiamo dietro ad anatemi, invettive, accuse sempre uguali “all’Europa“, mentre il Paese invecchia, non sa come riprendere a fare figli in numero quantomeno decente e perde inesorabilmente energia propulsiva e competitiva.
di Fulvio Giuliani
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