L’8 marzo di una non madre
Dalle lotte femministe ai passi da gigante compiuti oggi, quello della Giornata internazionale della Donna resta un giorno ancora troppo importante per fare finta di niente
| Società
L’8 marzo di una non madre
Dalle lotte femministe ai passi da gigante compiuti oggi, quello della Giornata internazionale della Donna resta un giorno ancora troppo importante per fare finta di niente
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L’8 marzo di una non madre
Dalle lotte femministe ai passi da gigante compiuti oggi, quello della Giornata internazionale della Donna resta un giorno ancora troppo importante per fare finta di niente
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Dalle lotte femministe ai passi da gigante compiuti oggi, quello della Giornata internazionale della Donna resta un giorno ancora troppo importante per fare finta di niente
Si può dire che molta strada è stata fatta, si deve sottolineare il lungo tratto percorso dalla nostra società per garantire pari dignità alle donne. Sottolineare i risultati ottenuti non è vuoto esercizio retorico o mnemonico, indica il percorso ancora da compiere. Non è consolatorio, è un monito a continuare il lavoro.
Nel mondo in cui nacque la mia generazione, le rivendicazioni femminili erano femministe. Si andava all’assalto dell’ordine costituito, con l’intento dichiarato di scuotere e se necessario spaventare la “controparte“ maschile. Gli slogan dell’epoca, quelle pagine che sono ormai parte della nostra storia scossero sino alla fondamenta la società occidentale. Le conquiste femminili(iste) di allora sono l’eredità più rilevante della contestazione e della rivoluzione dei costumi degli anni ‘60.
Le rivendicazioni di oggi sono solo apparentemente meno radicali di allora: se sul piano del lavoro, delle opportunità, del futuro da garantire a ciascuna ragazza quello che si dovrebbe fare è chiaro alla stragrande maggioranza delle persone, ci sono altri piani che continuano a spaventare o almeno inquietare un bel pezzo dell’universo maschile e non solo.
Su tutti, il tema della maternità.
Anche nei momenti più caldi del movimento femminista e delle rivendicazioni sessuali, la maternità in qualche modo era consapevolmente lasciata ai margini dei ragionamenti e dello scontro. Intoccabile. Certo, ci fu la furibonda lotta per l’aborto, ma fu essenzialmente vissuta come una rivendicazione di libertà di scelta, di controllo del proprio corpo e del proprio destino. Oggi, le sempre più numerose donne che si chiedono perché – nonostante tutto – una “non madre” si senta ancora in dovere di giustificare se stessa e la propria scelta, interrogano tutti noi.
Perché non abbiamo ancora la più pallida idea di come si possano conciliare fino in fondo l’ansia per l’evoluzione del ruolo della donna, l’orologio biologico, il “dovere“ della famiglia e dei figli, i richiami al calo demografico che rischia letteralmente di spazzarci via (chi scrive, se n’è occupato innumerevoli volte e crede fermamente che da lì saremo costretti a passare tutti prima o poi), il desiderio di affermazione personale e anche la legittima rivalsa sociale su un mondo ancora così maschio-centrico.
Con tutta la prudenza e la modestia del caso, credo che questo sia il passaggio fondamentale, la sfida enorme che aspetta i nostri tempi e ancor più quelli dei nostri figli.
di Fulvio Giuliani
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