La lezione dei bambini
| Società
In epoca moderna descrivere la meraviglia dell’infanzia, senza cadere nelle grinfie del politicamente corretto, può essere difficile

La lezione dei bambini
In epoca moderna descrivere la meraviglia dell’infanzia, senza cadere nelle grinfie del politicamente corretto, può essere difficile
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La lezione dei bambini
In epoca moderna descrivere la meraviglia dell’infanzia, senza cadere nelle grinfie del politicamente corretto, può essere difficile
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Sono sempre stato profondamente affascinato dai bambini e dalla loro psicologia. Mini uomini e mini donne dalla capacità assolutamente straordinaria di interpretare la realtà e – se abbiamo la capacità e la volontà di osservarli – di guidarci in alcuni dei misteri della vita. Mi è capitato più volte nelle ultime settimane di assistere ad una scenetta assolutamente meravigliosa, andando a prendere alla scuola materna il più piccolo dei miei figli. All’uscita, i bimbi aspettano genitori, nonni e tate e i maschi – nella maggioranza dei casi ovviamente – sono fisicamente irrefrenabili. Scatenati, una meravigliosa baraonda di giacche, cappelli e guantini.
Ogni volta, trovo un gruppetto di cinque o sei femminucce già perfettamente vestite, ordinatissime, sedute sulle panchette ad attendere i genitori e soprattutto impegnate in pensose e animate discussioni che ti aspetteresti da trentenni. Qualcuna di loro con le gambe accavallate come una signora all’happy hour, gli occhi che osservano il mondo con un’attenzione e una maturità impressionante in rapporto all’età. Avrei voluto descrivere più volte la scena, per il puro gusto di condividere la meraviglia dell’infanzia eppure mi risuonava una vocina nella testa: stai attento a misurare parole e immagini, per non passare come uno “schiavo” del mondo di una volta, quello rigidamente diviso in maschi e femmine. Le bambine nel mondo rosa, delle bambole, eccetera… i maschi nel mondo azzurro, del pallone e tutto il resto. Perché, volenti o nolenti, nessuno di noi è completamente immune ai richiami del politicamente corretto.
Mia figlia, avesse oggi l’età di quelle bimbe, avrebbe passato il tempo con loro a chiacchierare con le gambe accavallate. Era sempre ordinatissima e a quattro anni chiamava le amiche “ragazze”. I miei figli maschi sembrano il manifesto del bambino arruffato, casinista e dedito alla religione del pallone. E allora? La prima non potrà essere una donna profondamente e intimamente indipendente e compiuta, solida e consapevole? I maschi non sapranno sviluppare sensibilità e attenzioni un tempo stupidamente precluse agli uomini? Quante inutili sovrastrutture ci stiamo imponendo…
Di Fulvio Giuliani
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