La Mattel lancia Barbie con sindrome di Down
Dopo Barbie sulla sedie a rotelle, arriva negli USA la prima bambola con sindrome di Down. L’inclusione ringrazia
| Società
La Mattel lancia Barbie con sindrome di Down
Dopo Barbie sulla sedie a rotelle, arriva negli USA la prima bambola con sindrome di Down. L’inclusione ringrazia
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La Mattel lancia Barbie con sindrome di Down
Dopo Barbie sulla sedie a rotelle, arriva negli USA la prima bambola con sindrome di Down. L’inclusione ringrazia
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Dopo Barbie sulla sedie a rotelle, arriva negli USA la prima bambola con sindrome di Down. L’inclusione ringrazia
Dal 2016 Mattel ha deciso di creare giochi, nello specifico delle Barbie, per una maggiore inclusione di tutte le diversità che caratterizzano il nostro mondo. Dopo i modelli curvy, Barbie non udente, quella sulla sedia a rotelle e quella con una protesi alla gamba, da oggi negli USA è possibile acquistare Barbie con sindrome di Down. Grazie agli accordi tra il colosso di giocattoli e la National Down Syndrome Society americana (NDSS) è nata una nuova Barbie, caratterizzata da occhi a mandorla e una collanina rosa con tre punte (ad indicare il cromosoma in più, che definisce appunto la sindrome).
Il giovane pubblico ha risposto con grande entusiasmo e felicità a quanto accaduto: “Finalmente posso giocare con una bambola che mi somiglia. È come me”. D’altronde, tantissimi studi di psicologia, già da tempo, hanno rivelato l’importanza del gioco nei bambini e i diversi significati che esso assume: divertimento, esplorazione del mondo, scoperta di sé.
Giocare quindi non è semplicemente un gioco, è anche occasione di apprendimento, un esercizio per scoprire le proprie capacità individuali (fisiche e mentali) ma soprattutto è utile per scaricare emozioni forti come la paura e la rabbia. Un canale attraverso il quale i bambini liberano anche le proprie tensioni nervose, fino a diventare quel luogo di fantasia dove tutto è possibile. Da oggi, le bambine con sindrome di Down non dovranno più immaginare una bambola che le rappresenti perché esiste.
Brava Mattel, così si fa.
Di Claudia Burgio
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