Tra le liturgie significative che noi di solito chiamiamo sacramenti e/o cerimonie religiose, durante il periodo pasquale c’è il battesimo.
Se però vogliamo essere sinceri, almeno a Pasqua, dobbiamo dichiarare che tra il battesimo di Gesù nel Giordano e i nostri battesimi fantasiosi e addobbati secondo gli ultimi criteri alla moda, ci passa qualche piccola differenza.
Tra il Cristo nudo, immerso nell’acqua e i bambinelli soffocati da immacolati abbigliamenti, attraverso i quali si fa una certa pratica ad amministrare olio, crisma e acqua santa, ci passa e ci sta la Bibbia. E avendone visto una da poco, nel quale la bambina rischiava veramente di soffocare, mi è tornata forte l’idea che da tempo mi tengo dentro. Se è vero che il battesimo ci libera dal peccato originale e ci offre una seconda nascita, l’idea di entrare fino al collo nelle acque benedette e sentire anche per il bambino il sollievo, il gioco, l’allegria che lo avvolge, sarebbe ben altro, per lui e per tutti gli altri presenti.
Cambiare interiormente radicalmente la vita della creatura di pochi giorni, con una manciata d’acqua, mi pare un po’ troppo riduttivo.
Forse per risultati più coscienti, il Battesimo dovremmo amministrarlo quando il bambino, preparato bene, intuisce l’importanza di quel bagno redentore.
O, meglio ancora, dovrebbero essere i genitori più preparati e più sinceramente disposti.
Questa mia breve riflessione si aggiunge alla voglia, forse troppo personale, che le cerimonie liturgiche tornassero semplici, popolari, autentiche, cristiane e comprensibili al popolo presente. Ho esagerato volentieri e mi scuso.
di Don Antonio MazziLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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