La rivoluzione del cono e del cornetto
| Società
Italo Marchiori, l’italiano che inventò il cono gelato e Spica che inventò la cialda per non farlo sfaldare. Tutti fecero a gara per accaparrarsi l’idea geniale
La rivoluzione del cono e del cornetto
Italo Marchiori, l’italiano che inventò il cono gelato e Spica che inventò la cialda per non farlo sfaldare. Tutti fecero a gara per accaparrarsi l’idea geniale
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La rivoluzione del cono e del cornetto
Italo Marchiori, l’italiano che inventò il cono gelato e Spica che inventò la cialda per non farlo sfaldare. Tutti fecero a gara per accaparrarsi l’idea geniale
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Nel 1903 a New York c’è un italiano che sta per fare una piccola rivoluzione. Si chiama Italo Marchioni, originario del bellunese e trapiantato in America da qualche anno. Ha girato un po’, il signor Marchioni. Prima è stato a Philadelphia, poi nel New Jersey, lavorando in ristoranti e bar come gelataio e pasticcere. Da qualche tempo ha notato che i tradizionali bicchieri in vetro utilizzati per consumare i gelati sono poco pratici. Spesso si rompono, non vengono quasi mai restituiti e sono scomodi se si consuma il prodotto in piedi. E infatti già in Austria e in Germania è usanza portarsi il bicchiere da casa, mentre in Francia si sta provando a servire il gelato in coni di metallo. L’idea gli viene nel 1896: bisogna rendere quel contenitore commestibile. Così prova e riprova, finché ci arriva: una cialda che possa contenere il prodotto e, allo stesso tempo, possa anche essere mangiata. L’idea ha un successo strepitoso e Marchioni capisce che ci si possono fare un bel po’ di soldi.
Il 13 dicembre 1903 deposita il brevetto della sua invenzione: il ‘cono’. Ma insieme al successo arriva anche qualche problema. Il primo a fare la guerra a Marchioni è suo cugino Frank, che fa di tutto per screditare la novità introdotta da Italo. Poi si aggiunge anche Antonio Valvona, che un anno prima aveva brevettato – anche lui negli Usa – un forno per produrre coppe di biscotto per gelati. La questione finisce addirittura in tribunale, ma la Corte stabilisce che il brevetto di Valvona non impediva a Marchioni di depositare il proprio. L’anno successivo, alla Louisiana Purchase Exposition, il pasticcere siriano Ernest Hamwi presenta un nuovo modo di mangiare il gelato (con una pasta densa cotta in una pressa per wafer) e si attribuisce la paternità dell’invenzione. Lo stesso fanno anche un gelatiere turco e due fratelli dell’Ohio. Insomma, tutti fanno a gara per accaparrarsi l’idea di Marchioni. Che però va dritto per la sua strada, mentre il cono conquista il mondo.
Nel 1928 ne vengono prodotti oltre 250 milioni nei soli Stati Uniti. L’intuizione del gelataio bellunese dà il via a un’industria che, nel corso della prima metà del ventesimo secolo, si aggiorna di continuo. Nonostante il processo venga meccanizzato, qualche problema permane: man mano che il gelato si scioglie, il cono si ammorbidisce e si sfalda. Anche in questo caso il problema lo risolve un italiano (le cronache lo citano soltanto come Spica) che produce gelati a Napoli. Nel 1959 prova a isolare l’interno della cialda con uno strato di olio, zucchero e cioccolato, così da renderlo più resistente. Funziona. Spica deposita la sua idea con un nome: “Cornetto”. E dopo qualche anno cede brevetto e azienda a una multinazionale britannica, con gli inglesi che danno il via a una campagna di marketing così massiccia da rendere il “Cornetto” celebre in tutta Europa. Una popolarità che non conosce flessioni e che ancora oggi rappresenta una nostra eccellenza.
Di Stefano Faina e Silvio Napolitano
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