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Femminile

La superficie e le vere battaglie da vincere

Il ddl che proponeva multe sino a 5000 € in caso di declinazione al femminile negli atti pubblici di qualifiche o professioni, risultava ben oltre il ridicolo

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La superficie e le vere battaglie da vincere

Il ddl che proponeva multe sino a 5000 € in caso di declinazione al femminile negli atti pubblici di qualifiche o professioni, risultava ben oltre il ridicolo

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La superficie e le vere battaglie da vincere

Il ddl che proponeva multe sino a 5000 € in caso di declinazione al femminile negli atti pubblici di qualifiche o professioni, risultava ben oltre il ridicolo

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Il ddl che proponeva multe sino a 5000 € in caso di declinazione al femminile negli atti pubblici di qualifiche o professioni, risultava ben oltre il ridicolo

L’unica buona notizia di questa storia è il ritiro dell’idea. Perché l’ipotesi di un disegno di legge, che proponeva multe sino a 5000 € in caso di declinazione al femminile negli atti pubblici di qualifiche o professioni, risultava ben oltre il ridicolo. 

Tanto per essere chiari, anche in questa sede non ho mai mancato di esprimere tutto il mio disappunto per una lotta di genere tutta impostata sull’immagine e la superficialità dell’uso di determinati termini al femminile. Valga per avvocata, sindaca, ministra e così andare. Per tacere della schwa o del terrificante asterisco. Insomma, non posso essere certo tacciato di avere un atteggiamento “estremista“ o semplicemente “iperfemminista“ su un tema come questo. Anzi. 

Proprio per questo, mi permetto di fare due osservazioni. La prima è persino scontata e certamente banale: quando si decide di seguire gli impulsi più vicini allo stomaco della gente, facendo la faccia finto feroce e credendo di poter raccogliere qualche facile applauso, quasi sempre si finisce per fare delle figure imbarazzanti. 

È il caso di chi ha avuto la “meravigliosa“ idea di abbozzare un testo così squinternato e offensivo per tutti, donne e uomini. Detto ciò, il discorso sulla politica “di stomaco” non vale certo solo per questa bella trovata. La seconda considerazione è che anche le battaglie di puro principio, per quanto molto visibili, finiscono per ottenere effetti uguali e contrari. 

Non mi sognerei mai di sostenere che la sciocchezza frettolosamente ritirata sia in qualche misura “responsabilità” delle donne che si battono per affermare l’uso della declinazione al femminile, ma certe rigidità – se non accompagnate da una battaglia vera e profonda per intaccare la sostanza dei problemi – si fermano fatalmente alla superficie. Vengono percepite come rivendicazioni fini a se stesse, incapaci di arrivare al cuore del problema. In chi è al caccia perenne di un nemico, poi, provoca reazioni bizzarre. Per non dire altro. 

L’incidente del disegno di legge è chiuso, ma sarebbe il caso di sfruttarlo al meglio per far sì che non si ripetano certi sconci e che determinate battaglie finto roboanti lascino spazio al vero impegno per il miglioramento della condizione femminile nel nostro Paese. A me non interessa quante donne si facciano chiamare “avvocata”, mi interessa quante possano scegliere questa professione o altre senza condizionamenti familiari, sociali e di altra natura. 

È un cammino fatto di numerose tappe: illusorio pensare di prendere qualche scorciatoia e garantire salti quantici. Tocca faticare giorno per giorno. 

di Fulvio Giuliani

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