La democrazia è in pericolo, parola di Lars von Trier
| Società
«Il politically correct è l’inizio del totalitarismo», parola del regista danese Lars von Trier, vincitore del Premio Marco Melani 2022, che si racconta in questa intervista. Come sempre, provocando senza alcun freno

La democrazia è in pericolo, parola di Lars von Trier
«Il politically correct è l’inizio del totalitarismo», parola del regista danese Lars von Trier, vincitore del Premio Marco Melani 2022, che si racconta in questa intervista. Come sempre, provocando senza alcun freno
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La democrazia è in pericolo, parola di Lars von Trier
«Il politically correct è l’inizio del totalitarismo», parola del regista danese Lars von Trier, vincitore del Premio Marco Melani 2022, che si racconta in questa intervista. Come sempre, provocando senza alcun freno
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«Come sto? Insomma, date le circostanze bene, dopo la diagnosi di Parkinson. Se non altro posso sfruttare i miei tremori per le riprese con la camera a mano». Lars von Trier è così, prendere o lasciare. Il regista danese ha ricevuto il Premio Marco Melani 2022, riconoscimento che con cadenza annuale è attribuito a partire dal 2006 per volontà del Comune di San Giovanni Valdarno ed Enrico Ghezzi allo scopo di mantenere viva la memoria dell’autore Marco Melani.
L’omaggio a von Trier proseguirà nei prossimi mesi con un programma dedicato, comprensivo di una mostra che coinvolgerà l’opera di Per Kirkeby. Ennesimo riconoscimento a un artista che si è sempre distinto per la sperimentazione linguistica e formale in ambito cinematografico e audiovisivo, un cineasta in grado di tracciare un solco nella storia della settima arte. In altri termini, un provocatore nato per dividere: «Non saprei dire perché io sia amato da alcune cerchie di persone ma capisco l’odio, dato che nutro un profondo odio verso me stesso».
Da “L’elemento del crimine” a “La casa di Jack”, il regista non ha mai guardato in faccia a nessuno. Non è sempre stato facile essere una voce fuori dal coro, questo è sicuro. E il suo giudizio sul politicamente corretto è tranchant: «Se la mia esistenza ha una qualche giustificazione dovrebbe essere il fare da controparte al politically correct, che io personalmente vedo come l’inizio del totalitarismo». Non esistono mezze misure, mai. E risulta difficile, anzi impossibile, immaginare un suo erede: «Non lo augurerei a nessuno. Ho dovuto combattere una dura battaglia per affermare il mio nome».
La sua visione del futuro è piuttosto cupa, la democrazia è in serio pericolo: «Ne sono ancora convinto, la politica di oggi non fa che enfatizzarlo. A volte mi chiedo se un’intelligenza artificiale super avanzata non sarebbe in grado di governare il mondo in un modo migliore, più umano». A livello cinematografico, invece, von Trier va dritto al punto: «Conosco molto poco del cinema moderno. C’è stato un momento in cui mi sono ripromesso di non guardare film che fossero successivi al 1984. Quel che voglio dire è che il patrimonio cinematografico passato è così straordinario… Se uno si lasciasse trasportare solo dalle mode del momento, il cinema finirebbe per essere solo una sbobba immangiabile».
All’ultima Mostra cinematografica di Venezia è stata presentata “The Kingdom: Exodus”, terza e ultima stagione della sua miniserie di culto, girata trent’anni dopo le prime due. In Italia sarà distribuita da Movies Inspired. Giunto a questo punto, Lars von Trier ha ancora un sogno? «Ho un bisogno disperato di una compagna», la sua replica secca. «Ma è difficile trovarne una quando ti viene diagnosticato il Parkinson. Mi sento come un rivenditore che è fin troppo consapevole dei difetti dei suoi prodotti».
Di Massimo Balsamo
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