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Le donne che meritano un francobollo

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Ha provocato qualche protesta e mal di pancia la decisione di dedicare un francobollo a Marilena Grill, ausiliaria sedicenne della Repubblica di Salò. Se questo è lo spirito, ecco due suggerimenti

Le donne che meritano un francobollo

Ha provocato qualche protesta e mal di pancia la decisione di dedicare un francobollo a Marilena Grill, ausiliaria sedicenne della Repubblica di Salò. Se questo è lo spirito, ecco due suggerimenti

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Le donne che meritano un francobollo

Ha provocato qualche protesta e mal di pancia la decisione di dedicare un francobollo a Marilena Grill, ausiliaria sedicenne della Repubblica di Salò. Se questo è lo spirito, ecco due suggerimenti

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Ha provocato qualche protesta e mal di pancia la decisione del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e di Poste Italiane di dedicare in occasione dell’8 marzo un francobollo a Marilena Grill. Ausiliaria sedicenne aderente alla Repubblica di Salò che il 28 aprile 1945 fu prelevata da un gruppo di partigiani, tenuta prigioniera per qualche giorno e quindi uccisa nella notte fra il 2 e il 3 maggio. Il francobollo è stato inserito nella serie tematica “I Valori Sociali”.

Non c’è dubbio che, al di là della fede politica, la ragazza di poco o nulla sarà stata colpevole. Dopo un processo sommario la punirono con la morte perché quelli erano “tempi cupi, tempi da lupi”. Fa comunque pensare che questa emissione abbia seguito quella dedicata l’anno scorso a Italo Foschi: squadrista, picchiatore, coinvolto nel delitto di Giacomo Matteotti (del cui assassinio cadeva peraltro il centenario).Scelte operate con spirito di pacificazione nazionale, ha fatto sapere il ministro Urso.

Se questo è lo spirito, ecco due suggerimenti. Un francobollo dedicato a Gisella “Gisa” Floreanini: milanese, antifascista della prima ora, partigiana. Fu la prima donna ministro del Paese, quando si costituì la mitica Repubblica dell’Ossola: per quaranta giorni (tanto è durata, prima che di essere travolta dai nazifascisti) “Gisa” è ministro all’Assistenza alla popolazione. Prima del “si salvi chi può” riesce a mettere in salvo cinquecento ragazzini, facendoli espatriare in Svizzera. Passati i giorni della tempesta, è nominata presidente del Comitato di Liberazione Nazionale di Novara, unica donna a ricoprire questo ruolo.

È lei che nell’aprile 1945 consegna la città agli inglesi. Nominata alla Consulta nazionale è tra le tredici donne che intervengono per correggere la ‘svista’ del decreto luogotenenziale che riconosce alle donne il diritto attivo al voto ma non quello passivo. Il nuovo decreto consente alle donne non soltanto di votare ma anche di essere elette; lo approvano appena in tempo per le prime elezioni amministrative dell’Italia democratica. Parlamentare dal 1948 al 1958, il Pci a cui aderisce la emargina progressivamente. Boicottaggio in buona parte dovuto al fatto che è una donna divorziata (in Svizzera). Instancabile, irriducibile fino al maggio 1993: ha 87 anni quando la sua densa vita si conclude, uccisa da un infarto. Dedicarle un francobollo sarebbe un piccolo risarcimento, se si considera che a Milano non c’è una via che la ricordi.

La seconda proposta è per Argentina Marchei, quella che un tempo si definiva “donna del popolo”. Trasteverina doc, anziana, tarchiata, da sempre la tessera del Pci in tasca. Una tessera che convive con quella della Lega per l’Istituzione del Divorzio di Marco Pannella e Mauro Mellini. Argentina è una ‘vedova bianca’: il marito emigra in Sudamerica, si forma una nuova famiglia, non si fa più vivo. Una storia come mille altre: gli uomini in cerca di lavoro in Germania, Belgio, Australia, nelle Americhe; qualche lettera o cartolina, poi più nulla.

Anche Argentina Marchei si innamora e ha dei figli ma è concubina, una ‘fuorilegge’ in quanto in Italia il divorzio non esiste. Non perde una manifestazione, sempre in prima fila a fianco di Pannella, Mellini, Loris Fortuna, Antonio Baslini: le gambe segnate dalle vene varicose, pazienza se è distrutta dalla fatica del lavoro. Il suo compagno è ammalato gravemente, gli resta poco tempo, i due vorrebbero ardentemente sposarsi, mettersi in regola prima di separarsi definitivamente. Finalmente il Parlamento approva la legge; la si vede davanti a Montecitorio nelle fotografie dell’epoca, la fiaccola in mano, felice. Il sogno di Argentina si avvera.

Il suo e quello di tante altre donne finalmente libere da una catena che lacera intere famiglie in una ipocrisia che non risolve i problemi e impedisce di poter legalmente riprovare a ricostruire una famiglia. Se in Italia c’è qualcosa di buono lo si deve anche a donne come “Gisa” e Argentina. Un francobollo per ricordarle ci sta tutto.

Di Valter Vecellio

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