Le estreme conseguenze dell’illegalità tollerata
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Ci sono quartieri che sono piccoli mondi, universi separati dove al senso di appartenenza si unisce una sorta di codice non scritto che altrove non vale. È il caso dei palazzi popolari del quartiere Fiorentina a Livorno: colossi tutti uguali dove chi ha una casa assegnata combatte da anni contro le occupazioni abusive, lo spaccio, l’illegalità

Le estreme conseguenze dell’illegalità tollerata
Ci sono quartieri che sono piccoli mondi, universi separati dove al senso di appartenenza si unisce una sorta di codice non scritto che altrove non vale. È il caso dei palazzi popolari del quartiere Fiorentina a Livorno: colossi tutti uguali dove chi ha una casa assegnata combatte da anni contro le occupazioni abusive, lo spaccio, l’illegalità
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Le estreme conseguenze dell’illegalità tollerata
Ci sono quartieri che sono piccoli mondi, universi separati dove al senso di appartenenza si unisce una sorta di codice non scritto che altrove non vale. È il caso dei palazzi popolari del quartiere Fiorentina a Livorno: colossi tutti uguali dove chi ha una casa assegnata combatte da anni contro le occupazioni abusive, lo spaccio, l’illegalità
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Una situazione che si trascina da tempo, solo che adesso c’è di più: a fine agosto un ragazzo di 29 anni è morto cadendo dalla finestra di una casa che avrebbe dovuto essere vuota e invece era stata trasformata in un fortino dello spaccio. Quel “bimbo”, come i livornesi chiamano i giovani, si chiamava Denny Magina. Era un figlio di quel quartiere, lì era cresciuto e lì tutti lo conoscevano. Le indagini sono ancora in corso ma si ipotizza che possa essere stato buttato giù, da quella finestra al quarto piano, al culmine di una lite con alcuni spacciatori tunisini. E quella tensione sempre latente, è esplosa.
La polizia presidia le strade: il timore è che gli abitanti decidano di farsi giustizia da soli. Di rispondere alla morte con altre morti. Perché chi vive lì aiuto alle istituzioni l’aveva chiesto tante volte, perché in quegli stabili ci sono case che sono occupate anche da trent’anni. Solo che a Livorno, come in altre città d’Italia, sanare queste situazioni non è semplice. Come se si preferisse chiudere un occhio, per evitare escalation peggiori. Ma quando muore un ragazzo cambia tutto. E cambia tutto quando poi in quel quartiere arrivano i giornalisti e le telecamere, a squarciare il velo di ciò che tutti sanno ma nessuno dice. Perché quella morte spezza definitivamente equilibri che pur a malincuore venivano tollerati.
Chi in questa città ci vive racconta che di sparatorie e risse negli anni se ne sono viste ma che una cosa del genere non era mai successa. Eppure Livorno in questo è la fotocopia di molti altri luoghi: laddove vi sono le case popolari, ci sono le occupazioni abusive. E non intervenire, non impedire che l’illegalità si perpetui significa accettare il rischio che accada di nuovo. A Milano un pensionato qualche settimana fa era stato massacrato di botte per aver denunciato un’occupazione abusiva. Livorno non è l’eccezione, è purtroppo la regola in questo universo che sono le periferie abbandonate a loro stesse.
«Siamo poveri ma vogliamo vivere tranquilli» ci raccontano gli abitanti di Fiorentina. Non chiedono molto più di quello che hanno, anche se vivono in appartamenti fatiscenti. Sanno di non avere le risorse economiche per trovare dell’altro. Ma non essere ricchi non significa dover sopportare lo spaccio nei cortili e le minacce. Non significa dover accettare l’assenza delle istituzioni. Non significa che un ragazzo possa morire così, come se la sua vita spezzata fosse un danno collaterale.
Di Annalisa Grandi
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Tag: società
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