Libertà di espressione e politicamente corretto
Libertà di espressione e politicamente corretto
Libertà di espressione e politicamente corretto
I danni della religione woke sono incalcolabili, è un dato di fatto. Insieme al buonsenso, fra le vittime dell’integralismo dei ‘risvegliati’ figura la cultura e non si tratta di un allarme da sottovalutare. Complice l’avanzare dell’ideologia del politicamente corretto, la libertà di espressione e di parola è sempre più a rischio. Dai romanzi su Miss Marple di Agatha Christie a “The Famous Five” di Enid Blyton, passando per “La fabbrica di cioccolato” e “Matilde” di Roald Dahl, la furia iper progressista ha messo nel mirino una serie di capolavori ritenuti «potenzialmente offensivi» nei confronti di alcune minoranze, in barba al buonsenso.
La censura non ha mai prodotto risultati positivi eppure il fenomeno è in vertiginoso aumento. E non si tratta di un discorso di colore politico: sabotare saggi e romanzi è sbagliato, che lo faccia la destra o la sinistra. Emblematico quanto sta accadendo negli Stati Uniti, dove nelle scuole di oltre trenta Stati sono stati vietati libri che parlano di argomenti considerati «inappropriati» o di temi che si sostiene siano trattati «in modo sconveniente». I numeri sono preoccupanti: oltre 2mila scritti sono stati rimossi dai distretti scolastici. Questi libri sono etichettati come restricted (ad accesso limitato, è necessario il consenso dei genitori), challenged (che hanno subìto un tentativo di rimozione o censura basato sulle obiezioni di una persona o di un gruppo) e banned (totalmente rimossi dagli scaffali delle biblioteche scolastiche o dalle classi). Il taglio riguarda anche alcuni classici: fra gli altri “Lo Hobbit” di J. R. R. Tolkien, “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood, “Il cacciatore di aquiloni” di Khaled Hosseini e “Il diario di Anna Frank”.
Di fronte a cotanta ottusità è necessario fornire esempi virtuosi come quello di Grace Linn, che a 101 anni ha deciso di lottare contro la censura: «Vietare libri e bruciarli è la stessa cosa. Il motivo è sempre lo stesso: la paura della conoscenza». La battaglia della signora è stata documentata nel film “The ABCs of Book Banning” di TrishAdlesic, Nazenet Habtezghi e Sheila Nevins, candidato all’Oscar per il miglior cortometraggio documentario: «I libri dovrebbero essere letti, esposti e protetti, non vietati o temuti. La paura non è libertà. La paura è controllo». Ospite di incontri e convegni, Grace Linn ricorda sempre i tempi della Seconda guerra mondiale in cui i libri venivano bruciati perché scritti da persone odiate dai dittatori: «Mio marito Robert Nicoll è stato ucciso in combattimento. Era molto giovane, aveva solo 26 anni. Difendeva la democrazia, la Costituzione e la libertà». Testimonianze molto più importanti dei diktat di qualche talebano.
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