L’inossidabile moka

L’inossidabile moka
L’inossidabile moka
La regina compie finalmente novant’anni. Per gli italiani è lei la vera sovrana. Unica, insostituibile. Se l’auto – tutto sommato – può ancora essere tedesca o giapponese, l’armadio cinese o svedese (quest’ultimo, ancora da montare), la cioccolata svizzera o sudamericana, la chitarra coreana o del Mississippi, la macchina del caffè rimane una e una sola: ‘Lei’, la moka, nata nel 1933 grazie al genio creativo di Alfonso Bialetti che ricevette ispirazione dalla moglie intenta a fare il bucato con la lisciveuse (una pentola piuttosto grossa forata in superficie e con un tubo cavo in cui venivano inseriti i panni, l’acqua e il grasso animale per detergere). L’idea geniale, lo sappiamo, è sempre figlia della semplicità. Il piemontese Bialetti con molta semplicità copiò il meccanismo di miscelazione, ebollizione ed espulsione della lisciveuse trasferendolo in un ambito diverso, sempre domestico, più discreto e raccolto come un fornello da cucina. Il tutto con un unico grande fine: rendere più felici i nostri risvegli (ma anche il dopopranzo e parecchie altre pause) e tramutare il rito del caffè in un momento anche familiare (in precedenza la bevanda era quasi un’esclusiva degli esercizi pubblici).
La moka: un design all’avanguardia, un gorgoglio che provoca gioia già dalle prime note e quell’aroma sempre intenso che genera energia e positività. È ancora oggi il primo oggetto di casa a svegliarsi e a svegliare il resto della comitiva. A cospirare in favore della realizzazione del marchingegno dal profilo beccuto e superbo vi fu un po’ di ideologia futurista che negli anni Trenta vedeva nell’alluminio (il ferro scarseggiava) la sintesi perfetta del suo credo: leggiadria, lucentezza, saldezza, economia, modernità. Facile da usare e facile da pulire. Forma ottagonale, successo immediato.
La moka (nome che deriva dalla città yemenita Mokha, grande produttrice di caffè) scalzò nelle preferenze degli italiani la francese “Cuccumella” (ideata a inizio Ottocento e affermatasi soprattutto a Napoli). Bialetti cominciò a produrre 10mila moka all’anno (che negli anni Quaranta passarono a 15mila al giorno sotto la gestione di Renato Bialetti, figlio di Alfonso). Si parla di trecento milioni di moka vendute dagli anni Cinquanta fino a oggi (e parliamo di un prodotto inossidabile e duraturo). Insomma un grande successo e un vanto per il Made in Italy, un oggetto che ormai è un’amica di famiglia.
Chiamatela come volete: “cafetera de fuego”, “Napolitana”, “Cafetera de Rosca”, “Cafetera Italiana”. Lei sarà lì: calda, accogliente e fumante ad aspettarvi ogni mattina.
di McGraffioLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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