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L’invasione è tutta una fiction

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“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli” diceva Umberto Eco e la guerra in Ucraina non fa eccezioni. Perché c’è davvero chi crede davvero che “A Mariupol le bombe sono finte”.

L’invasione è tutta una fiction

“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli” diceva Umberto Eco e la guerra in Ucraina non fa eccezioni. Perché c’è davvero chi crede davvero che “A Mariupol le bombe sono finte”.
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L’invasione è tutta una fiction

“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli” diceva Umberto Eco e la guerra in Ucraina non fa eccezioni. Perché c’è davvero chi crede davvero che “A Mariupol le bombe sono finte”.
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«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli», parola di Umberto Eco. Ma la parola gli imbecilli se la prendono impunemente anche fuori dai social. Basta una pandemia per stanarli. O una guerra. Se si pensava infatti di aver toccato il fondo con un Covid (per altro non finito) che a latere ha causato gravi forme di parresia, ci si è sbagliati di grosso. Con l’aggressione dello zarino all’Ucraina, si è cominciato a scavare. Vigorosamente. Imbattendosi anche in cervelli trivellati da protagonismo perpetuo. Fra essi, quelli di alcuni competitor del Red Ronnie di Crozza. Ma andiamo con ordine. Sulla citata Rete su cui dondolano molti imbecilli parlando della guerra, qualcuno (un insegnante, ahimè: la qual cosa indigna ma non stupisce) s’è capottato citando la «dottrina Monroe». Manco quella ben più muscolare di Roosevelt e manco l’ancora più anfetaminica del sassofonista Clinton, la Monroe! Pur di demonizzare gli ‘atomici’ americani con l’imbecille litania – «E allora Hiroshima e Nagasaki?» – si ricorre insomma a qualsiasi falsità. Per ignoranza e/o malafede. Esercizio ormai usuale (doppio ahimè) anche per alcuni gran visir della intellighenzia che presidiano da tempo (troppo) il palcoscenico televisivo fra réclame per incontinenti e prostatici. Creature televisive nate da parti naturali, quali Santoro (ex antagonista televisivo seriale); cesarei, quali Freccero (ex enfant prodige che manco Mozart); per partenogenesi, quali sedicenti filosofini/etti prêt-à-porter e per sbaglio, quali Mattei (più noto nel campo dei tuffi invernali nel Po che in quello della fisica) si sono unite all’ormai noto eroe innominabile (per me: il suo nome mi procura inedite forme di epidermolisi bollosa) ex «frequentatore – come autodefinitosi – di ambienti accademici prestigiosi» (ex perché ora preferisce quelli ancora più ‘prestigiosi’ della tv) per un nuovo convegno negazionista. Questa volta, manco a dirlo, sulla guerra. In spregio a tutto quello che volete indicare voi, ché a me non viene nulla di non querelabile, i suddetti hanno rivelato il verbo su “come stanno realmente le cose”. Messa celebrata davanti a ben cinquanta fedeli genuflessi in una saletta romana, in cui i novelli chierici pitagorici dixerunt che «ci sono elementi di continuità tra la gestione della pandemia in Occidente e la guerra della Nato». Oibò! (mia espressione triviale alternativa a “Mortacci!”). In una nuvola d’incenso, prima di lasciare la suddetta sagrestia, l’ex professore luissiano, incurante delle possibili (terribili, da gulag) ritorsioni «del regime», ha stoicamente dichiarato per i posteri: «Non ho paura di Draghi, non ho paura di tutti i ministri e i parlamentari che mi attaccano. Devo insultare Draghi e tutti i ministri per far capire che non ho paura?». No, no, eventualmente è sufficiente dirlo ai sanitari del Tso. La frecciata finale se l’è però conquistata Freccero: quello delle «finte bare sui camion» di Bergamo. A Mariupol «finte» sarebbero le bombe. (Probabilmente come i crimini di guerra di Bucha: il ‘convegno’ s’è chiuso prima della scoperta di quel massacro). Un «imbecille», appunto. di Pino Casamassima 

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