Maternità digitale, zona grigia
La maternità, al tempo dei social media e della brandizzazione personale, è diventata una questione molto complicata. Intervista a Roberta Guadagno

Maternità digitale, zona grigia
La maternità, al tempo dei social media e della brandizzazione personale, è diventata una questione molto complicata. Intervista a Roberta Guadagno
Maternità digitale, zona grigia
La maternità, al tempo dei social media e della brandizzazione personale, è diventata una questione molto complicata. Intervista a Roberta Guadagno
C’è chi offre consigli a pagamento su come migliorare il legame tra madre e figlio, potenzialmente compromesso da un parto difficile, in cui la donna non ha fatto ‘abbastanza’ per evitare che andasse così. Chi prende posizione contro l’epidurale perché con «respiro e visualizzazioni» si potrebbe ottenere lo stesso risultato. Ma anche chi offre consulenze al telefono o propone rimedi naturali per trattare la cicatrice post taglio cesareo. La maternità, al tempo dei social media e della brandizzazione personale, è diventata una questione molto complicata. Gravidanza, parto, allattamento, sonno del neonato e svezzamento sono materia per contenuti con milioni di visualizzazioni su ogni piattaforma e un ampio ‘mercato’ di consulenti. Pediatri, ginecologi, ostetriche, doule, esperte di discipline olistiche ma anche figure che non provengono dal mondo medico e che hanno saputo costruire un piccolo impero su consigli – a metà fra psicologia e sciamanesimo – su come superare un cesareo e sulle strategie per far dormire il bebè.
Ogni medaglia ha però due facce. Se da un lato le donne possono oggi contare su molte informazioni facilmente accessibili, dall’altro queste figure si propongono spesso come un’alternativa ai modelli medici convenzionali, veicolando in alcuni casi contenuti privi di basi scientifiche o addirittura rischiosi. «Non è che un’ostetrica, in quanto tale, dia necessariamente consigli non scientifici» spiega a “La Ragione” Roberta Guadagno, referente nazionale Coordinamento ostetrico Nursing Up. «Il problema riguarda tutta la medicina, perché attraverso i social qualsiasi materia può essere distorta o amplificata. Noi segnaliamo casi di persone senza titolo che vendono servizi sulla maternità, ma spesso non accade nulla. Servono norme e strumenti di vigilanza più efficaci, altrimenti a rimetterci sono le donne e i bambini».
Un recente caso di cronaca ha riacceso le polemiche sul tema. Oyebola “Bibi” Coxon, ostetrica mantovana nota sui social come “Ostetrica senza filtri”, sostenitrice del parto in casa e non medicalizzato, è stata arrestata in Australia con l’accusa di omicidio colposo. Avrebbe ignorato segni evidenti di complicazioni durante un parto domiciliare e non avrebbe portato la partoriente in ospedale, nonostante le richieste della donna. Il neonato è morto. L’ostetrica, seguitissima sul web, aveva ideato addirittura corsi a pagamento e una app per le sue follower. Il “caso Bibi” rappresenta soltanto la parte visibile di un fenomeno ben più esteso. Attorno al tema della maternità digitale si muovono ormai migliaia di profili che propongono consigli, programmi e consulenze, spesso privi di una reale validazione scientifica. Una vera e propria ‘zona grigia’, in cui l’informazione rischia di intrecciarsi con logiche di promozione commerciale.
Il risultato è che molte madri, in momenti di particolare fragilità e in cerca di supporto, finiscono per affidarsi a figure non qualificate, con conseguenze potenzialmente gravi. «Portare la nascita su un piano di naturalità non significa obbligare le donne a partorire senza medicalizzazione» sottolinea Guadagno. «Un parto può essere ‘umanizzato’ anche in ospedale o con un cesareo, se accompagnato da rispetto e sostegno».
La pressione sociale sul ‘parto perfetto’, sull’allattamento ‘di successo’ e così via è probabilmente uno degli elementi alla base della popolarità delle guru della maternità, capaci di creare comunità di seguaci compattate dal martellante sospetto verso le pratiche mediche tradizionali. «Nella nostra società le donne vivono una pressione costante per raggiungere la perfezione, che non è naturale. Ed è in questo terreno che attecchiscono messaggi fuorvianti e colpevolizzanti» conclude Guadagno.
di Valentina Monarco
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