Niente da fare, sul merito non ci metteremo mai d’accordo. Fra chi appena sente pronunciare questa parola vede i fantasmi del classismo e chi nel merito vede l’unica possibilità proprio per i meno fortunati di fare grandi cose nella vita.
Lo dico subito: appartengo al secondo gruppo e con assoluta determinazione. Al contempo, sono perfettamente consapevole che chi la pensa come il sottoscritto non verrà mai capito – eufemismo – da quanti vedano in una scuola e in università meritocratiche la strada a disposizione di chi “figlio di papà” non lo è per sfondare soffitti di cristallo (espressione quantomai di moda) e realizzarsi.
Per quanto innumerevoli storie di grandissime donne e grandissimi uomini testimonino esattamente l’insopprimibile forza della meritocrazia, chi resta accecato dalla luce abbagliante dell’ideologia non riesce a vedere un palmo oltre il proprio naso.
Una scuola appiattita su un rendimento consapevolmente mediocre per tutti, in cui i professori sono ormai terrorizzati anche solo all’idea di riprendere uno studente, un’università in cui i rettori non possono licenziare insegnanti incapaci o fannulloni è un mondo in cui nei migliori atenei (privati, ma non solo) finiranno per iscriversi sempre i figli dei ricchi. Per dirla brutalmente.
In una scuola come quella italiana di oggi, insegnare bene, insegnare male o non insegnare affatto non fa alcuna differenza. In termini economici e di carriera, una vergogna per i professori che ci mettono capacità e anima. Nella meravigliosa scuola egualitaria di cui si riempiono la bocca i soloni, un professor Keating farebbe la fine de “L’Attimo Fuggente”, ma per motivi diametralmente opposti. Fatto fuori non perché insopportabile a un’elite, ma perché troppo sfidante per la mediocrità in cui questo Paese ama crogiolarsi, per raccontarsi di essere democratico e attento agli ultimi. Una balla!
Sono decenni che in Italia abbiamo impostato formazione e insegnamento su progressioni lineari di carriera, nessuna valutazione, anzianità e odio dichiarato per qualsiasi forma di selezione.
Il risultato è che la media del lavoro svolto nelle nostre aule scolastiche e universitarie continua a scendere, dati alla mano dei test svolti dai nostri ragazzi, mentre questi ultimi arrivano impreparati al mondo del lavoro e della feroce competizione che li attende.
A questi inossidabili paladini della battaglia contro il merito, quasi sempre a sinistra, basterebbe dare un’occhiata ai tanti figli di immigrati che – pur nelle stesse piatte scuole dei nostri figli – impegnandosi il doppio e affamati di vita spesso fanno mangiare la polvere ai ragazzi tenuti nella bambagia. Si sa, però, di immigrazione e migranti è comodo parlare per fare propaganda e ideologia, da destra come sinistra.
In questo quadro sconfortante, è con profondo orgoglio che oggi La Ragione consegnerà cinque borse di studio su base esclusivamente meritocratica all’Università IULM del rettore Gianni Canova.
Di Fulvio Giuliani
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