Messi di fronte ad allucinanti casi di cronaca come il finto suicidio inscenato per tentare maldestramente di mascherare l’efferato omicidio di una ragazza di 25 anni, i delitti di Cologno Monzese o della donna ritrovata nel bagagliaio della sua vettura, lo stupro di gruppo di cui sono accusati a Palermo giovani e giovanissimi (in foto, ndr), abbiamo l’obbligo morale e intellettuale di non accontentarci dei commenti improntati anche solo a un’ombra di routine. Abbiamo molto scritto nelle ultime settimane di violenza sulle donne, insistendo sull’abisso culturale e i mostruosi deficit educativi: realtà con cui tutti dobbiamo fare i conti. Riteniamo, però, ci sia qualcosa su cui riflettere: l’origine di un atteggiamento belluino – sia scritto con il massimo rispetto per il mondo animale – nel quale troppi uomini sembrano affogare le loro vite, trascinando con sé quella delle loro vittime.
Ci si può consolare con l’importante (per carità) dato del calo del 7% dei femminicidi nei primi sei mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2022, ma noi non riusciamo ad accontentarci. Tanto meno scorgere in quella flessione la “prova“ che il problema sia in via di soluzione. Perché prendendo pure per molto buono il calo del 7%, questa percentuale applicata all’angosciante numero di donne uccise da uomini ci condannerebbe comunque a troppi anni di tragedie insopportabili. Il punto non è questo – anche se ovviamente una riduzione sia pur minima va sempre accolta con favore – ma chiedersi come sia possibile che nella nostra era possa ancora svilupparsi un simile fenomeno. Oltretutto dai tratti incredibilmente ripetitivi.
C’è un altro rifugio per le anime candide: ricordare che certe violenze sono sempre avvenute e che – anzi! – la grande differenza oggi sarebbe il loro calo e il valore della denuncia delle stesse. Ottima cosa per lavarsi la coscienza, ma un dato incontrovertibile resta: la nostra società, che si vorrebbe e si descrive così moderna, evoluta e attenta, continua a generare mostruosità. Non mostri, beninteso, che catalogare così certe persone è troppo comodo per loro e per noi. Pure mostruosità, deviazioni dell’anima, delle persone, ma anche il frutto di qualcosa di malsano che persiste nelle nostre giornate, nel nostro quotidiano. Il male pronto a esplodere, eludendo tutti i nostri dibattiti, la ricerca del dialogo, la pretesa riduzione della voragine fra i sessi.
Educare, educare e ancora educare: non riusciamo a scorgere nulla di più efficace per prevenire, sempre nei limiti del possibile, la furia e la voglia di cancellare la donna che osi ribellarsi a un concetto tanto ripugnante quanto primitivo: essere di proprietà di un uomo.
Di Fulvio Giuliani
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