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Musica che ha fatto storia e musica da due settimane

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La musica ai tempi di Brian Jones: l’influenza di artisti di quell’era d’oro, che tutt’oggi abbiamo nel nostro mondo

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Musica che ha fatto storia e musica da due settimane

La musica ai tempi di Brian Jones: l’influenza di artisti di quell’era d’oro, che tutt’oggi abbiamo nel nostro mondo

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Musica che ha fatto storia e musica da due settimane

La musica ai tempi di Brian Jones: l’influenza di artisti di quell’era d’oro, che tutt’oggi abbiamo nel nostro mondo

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Ieri, mi sono imbattuto in un interessantissimo documentario sulla breve e tumultuosa vita di Brian Jones, fondatore dei Rolling Stones. Prima anima (molto blues) del gruppo che ha contribuito a fare la storia del rock, partendo proprio da quelle radici nere così care a Jones.

Una parabola, la sua, breve, terribile e drammatica, intrisa di una stupefacente corsa all’autodistruzione che ancora oggi ci racconta molto di quel decennio turbolento e fondamentale.

Non c’è nulla che non sia stato già scritto e commentato sugli Stones e la figura enigmatica di Brian Jones e la sua inevitabile, crescente rivalità con Mick Jagger e Keith Richards (quest’ultimo gli soffiò anche una fidanzata, mentre Brian era ricoverato in ospedale e anni dopo commentò: “Così è la vita”).


Mentre Jagger ha saputo coniugare nei decenni una naturale e incredibile personalità da frontman bello, maledetto, esagerato, sconvolgente, magnetico, rivoluzionario e quant’altro con una longevità che ha dell’impensabile, Brian Jones per la grande maggioranza dei ragazzi di oggi è un nome del tutto ignoto. Ormai perso in cronache lontane. Di un mondo precedente ai loro stessi genitori.

Nel seguire la breve e tragica parabola personale e professionale di Brian Jones, emerge un abisso che viene regolarmente ignorato o sottostimato: quanto e cosa significasse far musica allora e quanta influenza gli artisti di quella era d’oro abbiano tutt’oggi nel nostro mondo, se paragonato a buona parte della produzione musicale contemporanea.

La rivoluzionaria fame di sperimentazione e “viaggio“ che alimentò una stagione probabilmente irripetibile e lo sconfortante conformismo tecnologico di tanta parte della musica odierna, destinata a sparire in settimane.

Quando lo diciamo in genere veniamo accusati di passatismo o vene nostalgiche.

La verità è che io allora non c’ero (sono nato nel 1969, quando moriva Brian Jones a 27 anni – età fatale per tante star – una stagione si stava concludendo e un’altra, molto più confusa e sofferta, nasceva) e solo con il tempo sono andato a riscoprire e comprendere la genialità, la grandezza, le furiose contraddizioni e i limiti talvolta sconcertanti di quei giganteschi personaggi.

Parliamo ai nostri figli, lasciamo loro gli strumenti per lasciarsi incuriosire da una musica che non si è mai esaurita e non sopravvive solo in storie incredibili, come gli Stones immaginati e fondati da Brian Jones.

Di Fulvio Giuliani

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