L’onda torbida
Si è tornati a parlare di fascismo dopo le proteste violente del movimento No pass. In realtà dovremmo vigliare su come la società sia sempre più l’habitat ideale della violenza.
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L’onda torbida
Si è tornati a parlare di fascismo dopo le proteste violente del movimento No pass. In realtà dovremmo vigliare su come la società sia sempre più l’habitat ideale della violenza.
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L’onda torbida
Si è tornati a parlare di fascismo dopo le proteste violente del movimento No pass. In realtà dovremmo vigliare su come la società sia sempre più l’habitat ideale della violenza.
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Si è tornati a parlare di fascismo dopo le proteste violente del movimento No pass. In realtà dovremmo vigliare su come la società sia sempre più l’habitat ideale della violenza.
Abbiamo perso molto tempo a parlare di fascismo, come se vivessimo un concreto rischio di ritorno dell’incubo nero nella nostra società del terzo millennio. Faremmo meglio a prestare attenzione al montare di una rabbia cupa e sorda nel Paese. Un’onda che arriva da lontano, assolutamente minoritaria certo, ma non per questo meno inquietante.
Abbiamo più volte provato a esplorare la pericolosa saldatura fra vuoto ribellismo, frustrazioni e agitatori di professione che sfruttano la magnifica occasione (dal loro punto di vista) rappresentata dalla delicata fase di gestione della pandemia.
Riavvolgiamo il nastro, perché è sempre utile affidarsi all’insegnamento della storia: la ribellione degli anni Sessanta e Settanta al ‘sistema’ (rigorosamente pronunciato alla Verdone in “Un Sacco bello”) finì per approdare anche alla P38. Non dimentichiamolo mai. Anche se le condizioni sono radicalmente diverse, sarebbe un gravissimo errore sottovalutare i rischi di un brodo di coltura ideale per la violenza. Con una grande differenza, a nostro svantaggio, rispetto ad allora: i social.
Negli anni della contestazione, furono le piazze e le aree cosiddette ‘extraparlamentari’ ad accogliere e coccolare movimenti che poi scapparono tragicamente di mano. Oggi i luoghi fisici hanno un valore relativo – come dimostrato dall’esaurirsi in un fuoco di paglia della protesta di Trieste – ma ci sono smisurate piazze virtuali a disposizione di chi giochi senza scrupoli con la realtà.
Molti di voi lo avranno sperimentato, ritraendosi disgustati alla prima valanga di insulti e minacce verbali piovute per aver solo osato sostenere concetti di banale buon senso. Su vaccino e Green Pass oggi, su opere come la Tav o il Tap ieri, in occasione di G7 e simili l’altro ieri. Sabato scorso, a Milano, la nostra Annalisa Grandi ha raccolto testimonianze preziose, a margine della manifestazione No pass.
Fonti delle forze dell’ordine si sono dette impressionate dalla ‘qualità’ dei personaggi che si erano dati appuntamento con la scusa del pass. «Gente così non si vedeva in strada da tanto tempo», la sintesi da non sottovalutare. La storia non si ripete meccanicamente e non ha senso agitare i fantasmi del passato per spiegare i fenomeni di oggi. Bisogna vigilare sul presente: davanti al diluvio di volgarità e insensatezze non ci si può limitare all’indifferenza.
Gli incivili vanno isolati e sanzionati, spingendo perché i social prendano provvedimenti nei confronti dei propagandisti d’odio. La severità di LinkedIn è certamente l’esempio da seguire in materia. Non è più tempo di pelose ipocrisie: sappiamo bene quanto possano ‘rendere’ nell’immediato certi temi, ma la pianta che cresce da questi semi avvelena i pozzi a lungo termine.
di Fulvio Giuliani
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