Oh cielo!
Le schiere negazioniste di fronte agli eventi estremi che hanno colpito l’Italia, da Milano alla Sicilia, non cambiano la sostanza: il cambiamento climatico è già una realtà
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Le schiere negazioniste di fronte agli eventi estremi che hanno colpito l’Italia, da Milano alla Sicilia, non cambiano la sostanza: il cambiamento climatico è già una realtà
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Le schiere negazioniste di fronte agli eventi estremi che hanno colpito l’Italia, da Milano alla Sicilia, non cambiano la sostanza: il cambiamento climatico è già una realtà
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Le schiere negazioniste di fronte agli eventi estremi che hanno colpito l’Italia, da Milano alla Sicilia, non cambiano la sostanza: il cambiamento climatico è già una realtà
Gli eventi estremi delle ultime 48 ore, seguiti alla disastrosa alluvione in Romagna, alle ondate di calore sahariano che hanno fatto boccheggiare l’intero Paese, all’allucinante situazione creatasi a Catania – lasciata a secco di acqua corrente ed elettricità nel pieno di un’ondata di calore estremo – dovrebbero suggerire a tutti un approccio profondamente razionale alla realtà che ci circonda. Partendo dalla presa d’atto dell’evidente anormalità degli eventi e del loro ripetersi con una frequenza totalmente ignota all’Italia sino a non molto tempo fa. Se anche non fosse necessario il parere della stragrande maggioranza degli esperti e degli scienziati, basterebbe attingere alle memorie personali di chiunque abbia superato i quarant’anni per rendersi conto delle anomalie con cui dobbiamo ormai fare regolarmente i conti. È solo un esempio fra i più recenti, ma i due casi estremi di precipitazioni e venti violentissimi che hanno investito la medesima zona fra Milano e Monza nel giro di 14 ore lasciano a bocca aperta. Non che alberi non siano stati mai abbattuti da raffiche di vento o che le strade non si siano mai allagate, ma che in un’area tutto sommato limitata si siano concentrate tempeste monsoniche che eravamo abituati ad associare alle pellicole hollywoodiane sul Vietnam o sulla Cambogia deve imporre serietà e raziocinio. In un’epoca molto recente abbiamo già dovuto fare i conti con i danni potenzialmente devastanti del negazionismo fine a sé stesso: eravamo nel pieno della pandemia e della successiva campagna vaccinale ed è superfluo ricordare la battaglia per la logica e la scienza che ci è toccato condurre. Più o meno lo stesso grumo di scettici animati da un’insopprimibile ansia di apparire si è ora concentrato sul clima, rintuzzando con entusiasmo dialettico qualsiasi lettura volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle necessità di mettere mano all’evidenza del problema. Costoro sono il perfetto contraltare dei catastrofisti in servizio permanente effettivo, quelli che annunciano l’apocalisse dopo ogni precipitazione violenta o tromba d’aria abbattutasi sulle nostre città. Due opposti estremismi, come di consueto figli della stessa madre: in questo caso dell’ignoranza interessata. È soltanto l’ultimo modo per schierarsi ideologicamente su una barricata o su un’altra, non vedendo l’ora di bombardare gli avversari. Che senso può mai avere incaponirsi a negare l’evidenza? A chi può convenire dichiarare l’inesistenza di un problema climatico e fare di no con la testa, come bambini cocciuti, davanti alla sconcertante accelerazione delle mutazioni dei fenomeni atmosferici? Possiamo dibattere quanto vogliamo sul grado di responsabilità delle attività umane – la cosa ha indiscutibilmente anche un suo fascino di carattere intellettuale e scientifico – ma la sostanza resta. Piuttosto che spaccarci fra ‘destra’ e ‘sinistra’ persino sugli alberi caduti a Milano, sarebbe molto più utile concentrarsi sulle attività da porre in essere da subito per affrontare la realtà che cambia. Il territorio – lasciato spesso al suo destino per responsabilità che sono sicuramente degli amministratori, della politica, ma anche dei cittadini – necessita di una cura ben superiore rispetto al passato. Parliamo dei fiumi, ricordando la tragedia romagnola, ma anche delle nostre città, dei sistemi fognari, di tutte quelle infrastrutture che gli eventi estremi finiscono per stressare oltre il limite. Buttiamo via tempo per rintuzzare negazionisti e catastrofisti invece di riflettere su come sfruttare le immense occasioni offerte dalla transizione ecologica in termini di creazione di ricchezza e posti di lavoro. L’abbiamo resa una specie di mantra ideologico, l’ennesima arena in cui insultarsi a favore di telecamera o like. Rischiamo di perdere vite e subire danni clamorosi senza afferrare il problema, mentre i fiumi esondano e gli alberi volano via. di Fulvio Giuliani
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