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I femminicidi in Italia aumentano mentre le convivenze diminuiscono

Dal 1997 ad oggi la composizione unipersonale dei nuclei famigliari è in costante aumento. Eppure, gli omicidi passionali, quasi sempre femminicidi, non diminuiscono. Alla base, la dose di relazioni tossiche che assumiamo ogni giorno.
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I femminicidi in Italia aumentano mentre le convivenze diminuiscono

Dal 1997 ad oggi la composizione unipersonale dei nuclei famigliari è in costante aumento. Eppure, gli omicidi passionali, quasi sempre femminicidi, non diminuiscono. Alla base, la dose di relazioni tossiche che assumiamo ogni giorno.
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I femminicidi in Italia aumentano mentre le convivenze diminuiscono

Dal 1997 ad oggi la composizione unipersonale dei nuclei famigliari è in costante aumento. Eppure, gli omicidi passionali, quasi sempre femminicidi, non diminuiscono. Alla base, la dose di relazioni tossiche che assumiamo ogni giorno.
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Dal 1997 ad oggi la composizione unipersonale dei nuclei famigliari è in costante aumento. Eppure, gli omicidi passionali, quasi sempre femminicidi, non diminuiscono. Alla base, la dose di relazioni tossiche che assumiamo ogni giorno.
Perché uccidere proprio la persona che si “ama”, che si sceglie o si vorrebbe al proprio fianco? È acclarato che la risposta sia semplicemente “perché non è amore”. Oggettificazione dell’altro, su cui esercitare il proprio possesso. Fusione con l’altro, che diventa un’appendice di sé, da cui è impensabile essere separati. Dipendenza, possessività, deliri di gelosia o ancora potere, conditi talvolta da stati psicotici e alterazione indotta da sostanze. Amore no. Queste condotte così irrimediabilmente definitive – spesso vezzeggiate da chi le apostrofa più bonariamente come un raptus o la manifestazione estrema di un’emozione che annebbia – cozzano terribilmente con un semplice dato. Dal 1997 a oggi la composizione unipersonale dei nuclei famigliari è in costante aumento. Non si parla del numero dei matrimoni o del numero di figli, ma del trend in costante crescita di single che scelgono di non formare legami famigliari di tipo “tradizionale”. Partendo dal presupposto che ogni stile relazionale può essere allo stesso modo funzionale e adattivo in una società così profondamente mutata, che non vivere sotto lo stesso tetto o registrarsi sotto lo stesso nucleo famigliare non implica la mancanza di un rapporto stabile e/o profondo, questo dato non può che interrogarci rispetto a un’esperienza soggettiva ma comune. Al supermercato sempre più monoporzioni. Come si coniuga la sconcertante presenza di vittime di omicidio – nella stragrande maggioranza dei casi di femminicidio – con una sostanziale diminuzione di relazioni socialmente/civilmente riconosciute? Di primo acchito appare una polarizzazione sentimentale: o rapporti fuori dal controllo o senza un impegno “formale”. Chi uccide, nel mondo animale, lo fa per tre motivi: fame, paura, piacere/gioco. Escludendo casi di cannibalismo, fortunatamente più rari nella nostra specie, non rimangono che il piacere e la paura. Paura dell’altro, che in quel momento – sebbene in realtà sia vittima – è percepito come una minaccia esistenziale, un nemico. Proprio per questo nel lavoro con chi commette i cosiddetti “reati di sangue” si fa leva sul rispecchiamento. Perché percepire l’altro come un pericolo elimina immediatamente qualsiasi possibile forma di empatia. L’altro, secondo questo sguardo distorto, è minaccia alla propria integrità psichica, da eliminare ai fini della sopravvivenza dell’identità personale. Piacere di sentirsi in controllo, di dettare le regole della relazione, di affermare il proprio potere, che come scriveva Orwell nel suo “1984” «si esercita su un altro uomo, facendolo soffrire». Un gioco di egocentrismi, in cui l’altro è strumento per sentirsi vivi, reali, importanti. Un riflesso che non esiste slegato da questa funzionalità. E noi perché dovremmo sentirci vicini a meccanismi così profondamente compromessi e perversi? Non abbiamo nulla a che fare con questo. Le relazioni mancate riguardano semplicemente l’incompatibilità reciproca, le difficoltà di una vita sempre più impegnata e stressante, talvolta monotona. Eppure, più da vicino, i fenomeni di ghosting, breadcrumbing, mirroring, zombieing, gaslighting, benching etc che si moltiplicano esponenzialmente nel piccolo di ogni esperienza individuale sussurrano che queste dimensioni non siano così estranee ai nostri rapporti. Più da vicino, la differenza sostanziale ma non abissale è di natura quantitativa: dipende dalla dose di veleno intrisa nelle relazioni a cui siamo assuefatti, che ingoiamo ogni giorno. Fino a scegliere di stare da soli. Fino a sviluppare una sorta di immunità. Ma a che prezzo? Di Nadia Cattaneo

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